Dal buio alla luce

I problemi di apprendimento

 

Sommario

Introduzione
Una cooperativa per la prevenzione nell'età evolutiva intitolata a Benedetta Bianchi Porro
La grafologia. Dalla scrittura riconoscere le caratteristiche individuali della persona.
     La figura del fondatore della grafologia italiana Girolamo Moretti
Dislessia e disgrafia. Riconoscimento precoce. Come affrontare il problema
L'optometria ed il visual training. Una risposta per determinate forme di difficoltà di apprendimento
Somatica esperienziale della voce. Come raggiungere maggior benessere e sicurezza di sé attraverso la propria voce
Metodo Tomatis. Saper ascoltare
La psicosintesi. Come conoscere, possedere e trasformare i propri aspetti immaturi. Counselling psicosintetico:
     vivere la crisi come opportunità di crescita

Conclusioni

 

Desidero innanzi tutto ringraziare gli autori: Lorenzo Lorusso, Kurt ed Elke Dollinger, Gina Bottega, Emanuela Cima, Daniela Corradini, per la loro adesione e il loro contributo alla presente pubblicazione.

I collaboratori:
Roberto Nesler, al quale devo l'idea circa la "struttura del libro". Per aver steso manualmente la maggior parte dei testi, per aver curato l'inserimento delle immagini, adattandole con la sua competenza ai testi, per facilitare la comprensione dei lettori.
La prof.ssa Antonina Deotto Brollo, affezionata studiosa di grafologia, per aver rivisto e corretto la stesura del manoscritto, contribuendo con i suoi validi suggerimenti ad alleggerire la descrizione tecnica degli articoli.
Il dott. Sebastiano Palmeri che mi ha fatto conoscere la vita di Benedetta B. P. e per il suo prezioso contributo nella costituzione della Cooperativa.
L'Editrice il Messaggero di S.Antonio, Padova per l'invio della foto del Moretti.
Il prof. Gianfranco Amati per la foto di Benedetta e per il suo cordiale incoraggiamento.
Carla Leoni e Luigi Cecchinel per le fotografie dei piccoli collaboratori che si sono prestati per illustrare i vari esempi.
Luca Nesler che ha ideato il Logo della Cooperativa.
La Cassa di Risparmio di Bolzano, che con un generoso contributo ha sostenuto la pubblicazione.

Margherita Zerbi

 

Introduzione

Questo libro, realizzato con la collaborazione di più esperti e grazie ad un generoso contributo da parte della Cassa di Risparmio della Provincia di Bolzano, è dedicato ai genitori, agli insegnanti, agli educatori, ai giovani.
Nell'opera ho cercato di illustrare in modo il più sintetico possibile l'esperienza di trenta anni di lavoro con la grafologia, per chiarire e risolvere problemi connessi alle difficoltà di apprendimento utilizzando le conoscenze emerse dalle recenti ricerche delle neuroscienze.
Quando ho iniziato a collaborare, in qualità di grafologa, alle prime ricerche "dell'Istituto di Ricerche per l'Età Evolutiva" dell'Università degli Studi di Urbino, le scritture dei bambini raramente presentavano segni d'ansia. I segnali d'ansia apparivano durante gli anni dell'adolescenza, ed erano per lo più transitori, sempre attribuibili alla fase puberale. Nel corso del mio lavoro li ho visti comparire in età sempre più precoce e diventare via via più frequenti. Ho constatato che si andavano moltiplicando le scritture di bambini che lasciavano trapelare stati di grave disagio. Durante l'adolescenza, poi, le scritture perdevano gradualmente ordine, chiarezza, fluidità.
Ora si scrive più facilmente in stampatello, con lettere staccate, tracciate con forte tensione, con andamento assiale ripiegato a sinistra: tutte indicazioni che rivelano importanti trasformazioni psicologiche e nel carattere.
La grafologia, grazie ad un metodo che utilizza segni convenzionali ordinatamente classificati, scopre il disagio al suo insorgere ed è per questo che può essere di grande aiuto nella prevenzione. Dall'analisi grafologica emergono le caratteristiche dell'intelligenza e del temperamento, le qualità e le fragilità della persona.
Questo permette di collaborare con genitori e insegnanti impegnati, nei rispettivi ruoli, a promuovere una positiva evoluzione della personalità di figli o alunni. Avendo verificato che il riconoscimento precoce e corretto delle situazioni di disagio aumenta in modo significativo le probabilità di successo, con un lavoro paziente e costante ho cercato di offrire alla popolazione della nostra Provincia l'opportunità di incontrare figure professionali diverse che operano nel settore delle difficoltà di apprendimento intese in senso lato.
Finché nel 2002, per rendere più agevole l'accesso al servizio, si è costituita la Cooperativa G.M. "Benedetta Bianchi Porro" in cui lavorano in equipe, genitori, insegnanti, educatori, medici, optometristi comportamentali e nuove figure professionali che offrono le proprie specifiche competenze.
Gli argomenti illustrati nel libro a cura degli esperti disponibili in Provincia, hanno lo scopo di far conoscere la specificità dei loro interventi.

 



 

Una Cooperativa per la prevenzione nell'età evolutiva intitolata a Benedetta Bianchi Porro

A cura di Margherita Zerbi, consulente grafologa

 

Alcuni anni fa fui profondamente colpita da un breve profilo della figura di Benedetta Bianchi Porro che avevo ricevuto da un amico. Dopo aver approfondito alcuni aspetti della sua figura e della sua vita attraverso le sue lettere ed i suoi diari, con alcuni amici feci un pellegrinaggio di preghiera sulla tomba della giovane che si trova nell’Abbazia di S.Andrea di Dovadola (Forlì).
In quella circostanza incontrai le persone che nella splendida sede della "Fondazione Benedetta Bianchi Porro" avevano raccolto testimonianze, oggetti ed opere d'arte riguardanti Benedetta.
In altra occasione incontrai anche la mamma di Benedetta, Elsa Giammarchi Bianchi Porro, donna dal fisico giovanile e dalla memoria vivacissima, nonostante avesse superato di molto i novanta anni.
Scoprii così la vita di Benedetta bambina e adolescente attraverso i diari vergati su quaderni a righe dalla copertina scura, che la mamma le aveva fatto tenere fin da piccola, convinta che quello fosse un utile esercizio per imparare l'arte dello scrivere. La mamma mi raccontò inoltre episodi inediti e molto commoventi che sottolineavano la dolcezza e la determinazione di questa sua figlia.
Colpita dalla straordinaria storia di questa vita tutta in salita, chiesi l'autorizzazione per intitolare la cooperativa che stava per nascere con il nome di Benedetta, perché ormai questa giovane mi era entrata nella mente e nel cuore.
Dai ricordi della madre: Benedetta trascorse i primi anni dell'infanzia sempre serena, come una bambina di estrema rettitudine, un po' caparbia, diligente negli studi. La sua rettitudine e la sua esattezza mi davano perfino fastidio e la chiamavo "bambina vecchia". Era sensibile, matura e intelligentissima. Amava la musica e in un secondo tempo, verso gli anni del liceo, anche la pittura. La vita di Benedetta è stata caratterizzata da un grande amore alla conoscenza e da un grande bisogno di contatti umani.
Chissà perché spesso sento dire che più si è intelligenti e più si apprende, meno si è felici. Non è vero, invece. Non c'è felicità senza la conoscenza di essa; anzi la conoscenza della propria felicità mi inebria e mi dà attimi di vera estasi spirituale. (Da una lettera scritta all'amica del cuore).
Dal diario del 1945, a nove anni: Voglio studiare tanto così imparerò tante belle cose e farò contenti la mamma e il babbo.
Nella certezza della morte vicina, scriverà: fra un poco io non sarò più che un nome, ma il mio spirito vivrà, qui fra i miei, fra chi soffre, e non avrò neppure io sofferto invano (a Natalino 1963).
La sofferenza non la piegò: rimase fedele fino in fondo al suo progetto sognato fino agli albori della vita, senza perdere la speranza di realizzarlo in pienezza. Ella vive infatti attraverso le testimonianze e le pubblicazioni raccolte e realizzate grazie all'impegno e alla dedizione della prof.ssa Anna Cappelli, Direttore Responsabile del notiziario "L'Annuncio", che ha curato tutte le traduzioni in numerose lingue: inglese, spagnolo, francese, tedesco, croato, polacco, portoghese, esperanto, rumeno, turco, ungherese, giapponese, arabo, russo, cinese, maltese, slovacco.

 

La breve vita di Benedetta Bianchi Porro

Scrittura di Benedetta del 1961

Sono stanca di stare a letto e ripenso ai giorni che potevo correre liberamente. Allora ero, con la salute, la più felice di tutte. Comprendo l'importanza della salute del corpo e la nostra assidua attenzione per mantenerla. Ma la salute dello spirito è luce stessa del corpo: essa rende la vita bella, terribilmente.
(Ero di Sentinella-Corrado Bianchi Porro-San Paolo Ed. 2002)

 

 

Benedetta fu provata nella sua breve vita in modo molto grave. Se normalmente si è portati a pensare che il peso di una grave malattia e circostanze avverse siano ineluttabili cause di infelicità, il suo straordinario esempio ci dice il contrario: Benedetta riuscì a trovare un senso profondo della vita, a gustare la propria esistenza nonostante l'accanimento del destino nei suoi confronti. Ci insegna che anche nelle situazioni di più gravi difficoltà è possibile trovare la via e la forza per cambiare e per imparare a vivere pienamente.
Da questo suo insegnamento nasce l'intitolazione della Cooperativa, ma anche l'incoraggiamento ed il sostegno a tutti gli operatori che quotidianamente incontrano e affrontano le molte difficoltà del mondo giovanile di oggi, affinché mantengano vigorosa la speranza che, anche vite iniziate nella fatica e nel disagio possono cambiare se opportunamente aiutate a scoprire ed attivare le risorse che ognuno possiede per trasformare la propria vita.
Infatti, spesso disorientati e distratti da richiami considerati allettanti e da tentazioni insidiose, molti/e giovani rischiano di sprecare se stessi, perché non hanno imparato a cogliere il proprio significato e il senso profondo del vivere. A loro gli operatori della Cooperativa dedicano i propri sforzi e il proprio impegno, affinché nell'intento di aiutarli a trovare in se stessi e con le proprie risorse le energie
necessarie a superare le difficoltà del contingente e a scoprire le emozioni che nascono da una vita vissuta in pienezza.
Benedetta Bianchi Porro coltivava un grande desiderio: laurearsi in medicina, vivere, lottare e sacrificarsi per tutti gli uomini.
Colpisce la storia di Benedetta, che riesce a vivere una vita ricca e intensa pur incontrando grandissime difficoltà a causa della salute. Vive gioie e delusioni, euforie e scoraggiamenti come molti di noi. Eppure mantiene una straordinaria vitalità. Con il suo desiderio e i suoi ideali vede lontano, grazie alla sua volontà trova le soluzioni e supera gli enormi ostacoli.
Fin da piccola è penalizzata da problemi di salute; a tre mesi è colpita da poliomielite che le causa un accorciamento e assottigliamento della gamba sinistra; dovrà poi portare una scarpa ortopedica che al quel tempo era pesante e dolorosa. A dodici anni è colpita da una forma reumatica degli arti superiori che le impedisce di scrivere; in aggiunta deve portare un doloroso busto ortopedico per evitare la malformazione della schiena.
A diciassette anni inizia la sordità; in seguito Benedetta subisce molti interventi di vario tipo. Le sopraggiunge la paresi facciale a ventuno anni. Due anni dopo, in seguito all'ennesimo intervento, (questa volta si tratta di laminectomia) è colpita da paralisi totale degli arti inferiori. La causa principale di tanta sofferenza è una rara malattia che lei stessa diagnostica nei suoi studi di medicina la neurofibromatosi, che velocemente provoca una degenerazione di tutto l'organismo. A ventisette anni la malattia ha ormai bloccato tutti i centri vitali e provocato cecità, perdita della mobilità degli arti inferiori, degli sfinteri vescicali, del senso del gusto, dell'olfatto e disartria.
Benedetta non solo non si arrende, ma è in grado fino all'ultimo di cogliere gli aspetti belli della vita, di aiutare e incoraggiare tante persone, anche quando completamente paralizzata, comunica attraverso un alfabeto di tocchi convenzionali. Infatti le era rimasta unicamente la sensibilità alla mano destra e un filo di voce che consentivano la comunicazione con il mondo esterno.
Muore a ventotto anni circondata da amici pieni di dolore e gratitudine per quanto avevano ricevuto da lei.

Il suo percorso di studi

Benedetta frequenta la prima classe elementare nel 1942 a Sirmione; è la prima della classe e per il riconoscimento della sua particolare intelligenza passa direttamente alla terza classe. Durante tutto il percorso delle scuole elementari e medie è sempre la prima della classe, nonostante le già frequenti assenze per malattia. Frequenta il Ginnasio e il Liceo Classico continuando ad ottenere risultati superiori alla media. Lo studio le richiede grande sforzo e fatica. Si diploma a diciassette anni e si iscrive all'università.
Sono anni di studio durissimo a causa del rapido aggravarsi della malattia e delle lunghe degenze in vari ospedali. Supera tutti gli esami della facoltà di medicina e chirurgia. L'esame di Igiene del 23 giugno 1959, l'ultimo, viene invitata a ripeterlo. Lo stato avanzato della malattia non le permetterà di ripetere la prova e quindi di laurearsi.
Aveva altre due passioni: la musica e la Grafologia del Moretti, un'altra scienza che prima della totale infermità le aveva consentito di essere al servizio degli altri. "Il desiderio di conoscere gli altri, di un colloquio profondo, non ti è venuto meno, anzi. Nel poco tempo che ti lascia libero lo studio leggi con passione un voluminoso trattato di grafologia.
Poiché ti è più difficile parlare direttamente e conoscere attraverso il dialogo il cuore dell'uomo, impari a decodificarlo nei segni attraverso i quali si manifesta. Così nascono nuove amicizie e tu sai donare a chi ti è vicino il piacere del conoscersi meglio: magari la scoperta di esser altro da ciò che credevamo o volevamo apparire..."
(dalla pubblicazione del libro Ero di Sentinella - di Corrado Bianchi Porro)

 

Esame grafologico su scrittura di Benedetta


A Benedetta a 9 anni Per quanto breve, questa analisi rappresenta la sintesi dei segni grafici rilevati, secondo il metodo del Moretti. Sono stati indicati solo alcuni dei principali segni. Dall'intensità della presenza dei singoli segni e dalla loro reciproca interazione si ha il risultato dell'analisi.
In corsivo sono indicati alcuni dei segni principali.


Intelligenza e carattere

Dotata di buona intelligenza, superiore alla media (Triplice Larghezza equilibrata; Attaccata omogenea sopra la media in Calibro medio piccolo); tendenza all'osservazione, buone capacità di sintesi, di giudizio, di ragionamento, esigenza di ricercare e di approfondire (complesso dei suddetti segni); buone doti psicologiche per penetrare l'animo altrui (Sinuosa, segno raro in una scrittura di bambina). Il segno Spadiforme nelle parole, indica "entusiasmo iniziale molto accentuato, il quale poi può affievolirsi. In sostanza, questo segno rivela come i soggetti accolgono entusiasti qualunque novità e qualunque nuovo pensiero, che poi liberano da tutte le frange e da tutti quei contorni che di tentano portare le novità fuori dalla loro oggettività.
I segno grafologici presenti nella scrittura (Spadiforme, Intozzata I modo, Angoli AeB, Triplice larghezza equilibrata, Parca, Calibro tendente al piccolo), indicano nella loro combinazione e gradi, che questi soggetti possono sentirsi attratti dall'arte, ma poi si dirigono verso studi scientifici ed esercitano la loro professione con arte.
La presenza di alcuni segni grafologici (Intozzata I modo in alto grado) rivelano la tendenza all'indipendenza e all'affermazione di sé; la presenza dei segni (Aste Rette, Triplice larghezza, Sinuosa, Calibro medio piccolo) rivelano le buone capacità per realizzarle (Angoli A e B, Aste Rette) e difenderle (Aste Concave Sinistra, Ascendente).
In questa lettera, dal gesto spontaneo, si notano alcuni Gesti Fuggitivi che rivelano le lotte intime per superare delle difficoltà all'interno della famiglia, in quanto lei così sensibile e bisognosa di vivere profondamente gli affetti, non si sente compresa e appagata. Risolve le sue frustrazioni con molta dignità nelle lotte interiori (Aste Rette, Angoli A e B, Triplice larghezza, Sinuosa).
Ha compreso precocemente il valore della sincerità, della lealtà, della giustizia, che agiranno in lei nella sua impostazione di vita, mentre l'obbedienza e l'umiltà di Benedetta adulta e santa saranno conquistate a prezzo di lotte lunghe e dolorose. Non poteva essere diversamente per un soggetto con le caratteristiche rivelate dal segno Intozzata I modo, in alto grado con la combinazione degli altri segni grafici. Le tendenze del carattere rivelate dal segno Intozzata I modo in alto grado sono in senso positivo, la predisposizione all'azione, l'autonomia, la capacità di affrontare i contrasti e le lotte per la vita, la capacità di confrontarsi con l'ambiente, la fierezza di carattere. Negli alti gradi, però, può rivelare aspetti anche negativi, quali la smania di dominare e sottomettere gli altri con la pretesa di essere considerati, la ribellione se contraddetti, la tendenza all'invidia e alla gelosia.
Ecco la dimostrazione delle virtù eroiche della Venerabile Benedetta in cui nessuno di questi aspetti negativi hanno avuto il sopravvento, come confermano le numerose testimonianze delle persone che l'hanno conosciuta intimamente e che per lunghi periodi hanno condiviso la sua esistenza.


Dall'infanzia alla giovinezza

Le cinque scritture che seguono evidenziano come dalla grafia si possono riconoscere oltre alle caratteristiche della personalità, anche gli stati di sofferenze psichiche causate dalla malattia. La grafologia non conosce la natura della malattia, ma attraverso il gesto grafico ne coglie lo stato emotivo, le reazioni psicologiche, i cambiamenti del carattere. Queste scritture rispecchiano il progredire della malattia. Ogni tappa involutiva fisica è chiaramente riconoscibile nella trasformazione del gesto grafico.
Sopra: Benedetta a 13 anni. A quest'età indossa un rigido busto ortopedico e scarpe molto pesanti che rendono difficile la deambulazione.
Questa limitazione fisica è rispecchiata nella scrittura; si nota dal restringimento orizzontale delle lettere all'interno nelle singole parole.

Sopra: Benedetta a 14 anni. Riprende a scrivere dopo alcuni mesi a causa di uno strano malessere e una forma reumatica agli arti superiori.
Questa è la scrittura che manterrà per un lungo periodo. Dalla scrittura si nota la pressione non omogenea,che si alterna all'interno delle parole. Si possono osservare delle lettere molto marcate ed altre molto più leggere. La difettosa sinergia dei muscoli del braccio la impegna maggiormente quando deve scrivere, con conseguente spreco di energia.

Sopra: Benedetta a 18 anni. In questo periodo è affetta da sordità progressiva e da episodi di forte stanchezza. La scrittura rivela lo stato di forte stanchezza dal tratto discendente che si nota alla fine di ogni riga, e che crolla notevolmente in profondità.

Sopra: Benedetta a 22 anni. Da una lettera all'amica:
Cara Maria Grazia, innanzitutto devo dirti quale importanza abbia avuto il tuo consiglio per me, di frequentare una scuola di disegno.
Tu dici bene, il disegno è assimilabile con la guida di un buon professore. Il corso di disegno poteva rappresentare una ginnastica utile alla rieducazione della gestualità, tanto più che le incipienti difficoltà alla colonna vertebrale non favorivano i movimenti della mano e la calligrafia ne risultava piuttosto stentata.

Sopra: Benedetta a 25 anni
Dalla pubblicazione "Ero di sentinella", di Corrado B.P.: "Vede, signorina Elettra, la mia malattia è questa, ma non mi credono", confessi un giorno all'amica di casa, mostrando un'illustrazione sul tuo voluminoso libro di medicina. Da ammalata ormai diventava stentato ogni tuo movimento e la calligrafia sottolineava l'incerto procedere del braccio. Proprio a me doveva capitare, dicevi sorridendo con tenera ironia, che ho studiato l'arte ed i segreti della grafologia.


Bibliografia

— Siate nella gioia - diari, lettere, pensieri di Benedetta a cura e con introduzione di David Turoldo, "Amici di Benedetta", Cesena, Villanova del Ghebbo (Ro)

— Il volto della speranza - note biografiche, lettere di Benedetta e lettere di amici di Benedetta. Testimonianze di chi l'ha conosciuta, a cura di Anna Cappelli, "Amici di Benedetta", Cesena

— Oltre il silenzio - note biografiche, diari e lettere di Benedetta, lettere degli Amici di Benedetta - Testimonianze di chi l'ha conosciuta, a cura di Anna Cappelli, "Amici di Benedetta", Cesena.

— Abitare negli altri - Testimonianze di uomini d'oggi su Benedetta, lettere, discorsi, studi, meditazioni, "Amici di Benedetta", Cesena.

— Vivere è bello - Appunti su una biografia di Benedetta Bianchi Porro, di Emanuela Ghini, presentazione del Card. A. Ballestrero, "Amici di Benedetta", Cesena

— La storia di Benedetta - narrata ai bambini, di Laura Vestrucci con illustrazioni di Franco Vignazia "Amici di Benedetta" Forlì.

— Ero di sentinella di Corrado Bianchi Porro. La lettera di Benedetta nascosta in un libro, Ediz. S.Paolo, 2002

— Scritti completi di Benedetta Bianchi Porro, a cura di Andrea Vena, Ediz. S. Paolo

— L'Annuncio - semestrale a cura di degli "Amici di Benedetta"

 


 

La grafologia

 

Dalla scrittura riconoscere le caratteristiche individuali della persona.
La figura del fondatore della grafologia italiana Girolamo Moretti.

A cura di Margherita Zerbi consulente grafologa

 

                    Girolamo Moretti (1879-1963)

"Molti negano alla mia grafologia la qualità di scienza, perché dicono che non è trasmissibile. Asseriscono questo senza sapere quello che dicono. Negano ciò che non conoscono non essendosi mai applicati allo studio della mia grafologia. Sta invece il fatto che chi l'ha studiata, l'ha imparata e la sa applicare, e contro il fatto non c'è nulla da replicare".

 

 

Quando la grafologia aiuta

In questo capitolo presenteremo la grafologia e faremo conoscere il fondatore della grafologia italiana, Girolamo Moretti.
La grafologia è uno strumento particolarmente adatto per il lavoro di prevenzione che la nostra cooperativa si è prefissata.
La Cooperativa G.M. "Benedetta Bianchi Porro", infatti, si pone come obiettivo prioritario la prevenzione del disagio nell'infanzia e nell'adolescenza attraverso l'uso della grafologia, precisamente della Grafologia Morettina, la cui caratteristica peculiare sta nel fatto che cerca di superare l'interpretazione soggettiva. Attraverso il riconoscimento di molti segni ben riconoscibili e misurabili (classificati per tipo e per grado di intensità) e l'alto numero di combinazioni tra gli stessi, un grafologo esperto coglie precise caratteristiche della persona. Gli esempi che illustreremo non hanno lo scopo di essere esaustivi, ma solo di dare un'idea di come la grafologia può essere impiegata e in quali casi può riconoscere difficoltà e qualità di ogni persona.
Il disagio nei bambini e nei ragazzi in età scolare è in aumento e spesso viene riconosciuto tardi, quando diventa difficile intervenire. Attraverso l'analisi grafologica si può riconoscere un disagio quando ancora il bambino o il ragazzo non sa dargli un nome e spesso ancora non lo esprime in modo chiaro.
In molti casi la grafologia è risultata uno strumento di prevenzione molto prezioso, che ha permesso di aiutare gli interessati ad affrontare le difficoltà fin dal loro primo apparire.
Vedendo nella scrittura le caratteristiche della persona, il carattere, il temperamento, è possibile capire quali sono potenzialità e rischi sia nel bambino sia nell'adulto e così intervenire prima ancora che i problemi si manifestino. La grafologia può essere utile anche alle persone che non hanno difficoltà, ma che desiderano conoscersi per utilizzare al meglio le proprie potenzialità. Il tratto della scrittura spontanea rivela non solo caratteristiche che la persona già conosce e manifesta, ma anche aspetti nascosti.
L'analisi grafologica quindi può aiutare le persone che lo desiderano a raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e, a migliorare così il proprio benessere.


La figura di Girolamo Moretti
Fondatore del metodo scientifico della grafologia

Padre Girolamo Moretti nacque da una famiglia numerosa che non gli permise di avere un'infanzia facile.
Alla Scuola Elementare non era considerato un ragazzo intelligente tanto che il padre, dopo la bocciatura in quinta classe, decise di avviarlo al lavoro. Questo ragazzo ribelle e alquanto vivace aveva in realtà un dono singolare, oltre ad una bella intelligenza: quando vedeva una scrittura, era in grado di mimare la gestualità dello scrivente e il suo modo di camminare come se lo vedesse, con grande divertimento dei suoi compagni che, meravigliati, chiedevano come riuscisse ad imitare persone mai viste. A questa domanda il giovane Moretti non sapeva rispondere. All'età di quindici anni decise di farsi frate e venne accolto dai frati Minori Conventuali di Montalto (Ascoli Piceno).
Ordinato sacerdote, scoprì, a 26 anni, che la grafologia era una scienza nuova oggetto di studio.
Dopo aver superato l'enorme turbamento causato dalla scoperta che per lui conoscere le persone attraverso uno scritto era cosa normale, si dedicò con molta passione a questo studio, convinto dell'utilità di tale mezzo per aiutare le persone. La cosa più difficile per lui fu quella di codificare un metodo da poter trasmettere. L'eredità che ha lasciato, purtroppo non è completa: cinquanta anni di impegno, di ricerca, di divulgazione non sono bastati ad organizzare e a dare forma concreta a tutto il suo sapere.
Gettò le basi della psicologia individuale, mettendo in risalto l'intelligenza qualitativa.
Riteneva che nella formazione di ogni persona concorrano vari fattori, quali l'ambiente e gli educatori, ma considerava ugualmente importanti le esigenze fondamentali di ciascun individuo, quelle tendenze che rendono uniche e spiegano le azioni e i gusti.
Nonostante un individuo possa compiere grandi sforzi per modificare, o addirittura eliminare, una propria tendenza, quest'ultima rimane sempre uguale a se stessa. È un istinto non organizzato (al contrario di quanto avviene negli animali), che tuttavia può essere controllato con la volontà e con la libera scelta.
Da tali principi fondamentali sono stati ispirati gli studi di Padre Girolamo Moretti relativamente alla prevenzione, all'orientamento scolastico e professionale, alle tendenze artistiche, alla compatibilità di coppia.


Nella vita pratica quale utilità dalla grafologia, scienza ancora poco conosciuta?

— La grafologia consente, grazie alla diagnosi precoce, fin dai primissimi anni della Scuola Elementare, il riconoscimento di:
stati d'ansia o di disagio in senso lato, che rendono lento e faticoso il lavoro scolastico del bambino;

— disgrafia e dislessia, che impediscono la formazione di una serena ed equilibrata percezione del sé in conseguenza delle difficoltà di apprendimento della scrittura e della lettura: non si conosce un test migliore di quello che il grafologo usa per riconoscere e per suggerire appropriati e specifici interventi, tenendo conto del carattere del bambino;

— scopre le difficoltà d'apprendimento legate alla crescita oppure al disagio e suggerisce appropriati e specifici interventi per risolvere con successo il problema nel pieno rispetto delle caratteristiche del bambino e dell'adolescente.


La grafologia, inoltre, è uno strumento che consente all'esperto di cogliere, attraverso la lettura dei segni e delle loro combinazioni, le particolarità dell'intelligenza e delle attitudini della persona, e di individuare tratti anche complessi e specifici del carattere. Grazie a ciò, la scelta di una scuola o di una attività lavorativa adatta potrà evitare insuccessi e conseguenti frustrazioni.
La grafologia, infine, è un valido aiuto per i genitori, (ma anche per tutti gli educatori), che possono giovarsi dei consigli di un consulente grafologo al fine di imparare a guidare i propri figli nelle fasi più turbolente della crescita, sviluppando contemporaneamente le loro potenzialità, smussando e temperando i lati negativi del loro carattere.

Medici, psicologi, e studiosi di parapsicologia si sono interessati al fenomeno Moretti. Riportiamo, in breve, le affermazioni di un noto clinico ricercatore, da una pubblicazione del 1962, il prof. Alessandro Knipfer, libero docente dell'Università di Roma.
Le prodigiosi diagnosi grafologiche del Moretti fanno della grafologia una manifestazione artistica ed una scienza insieme e le acconsentono di attingere a volte uno stadio quasi divinatorio, in cui l'arte sottile del caratterologo, più che scientifica diventa intuitiva e permette così alla grafologia di essere di molti anni in anticipo su altre branche della psicologia.
Moretti attraverso la scrittura, pur non essendo medico, notava le anomalie dei soggetti che descriveva con puntuale precisione, tanto da stupire medici e psichiatri che onestamente testimoniavano la validità delle diagnosi.
Ora, con l'impiego della risonanza magnetica funzionale, si può osservare l'attività cerebrale mentre il soggetto scrive, parla e si emoziona. È confermato così, che la scrittura coinvolge molte aree cerebrali e attiva innumerevoli connessioni, compreso il sistema motorio volontario e quello involontario.
Moretti afferma che l'individuo attraverso la scrittura descrive se stesso e poiché spirito e corpo formano un'unità indissolubile, chiamata appunto psicosomatica, alla singola manifestazione psichica di un dato individuo non può che corrispondere l'individualità, da cui essa promana, e soltanto questa. Nella fase che prepara l'atto grafico, prima ancora che la mano scrivente si metta in moto, i suoi muscoli sono come animati da una specie di flusso elettrico che si traduce in un particolare tono muscolare. Ne consegue che l'engramma grafico pretracciante, una volta attivato, innerva non solo la mano, ma anche altre zone del corpo.
L'atto grafico è un processo infinitamente complicato, a meccanismo prodigiosamente complesso. La scrittura fa parte integrante del nostro temperamento e della nostra costituzione.
Moretti dopo lunghi studi e verifiche ha individuato i segni grafici che qualificano l'intelligenza; ha classificato i temperamenti nelle seguenti categorie: Cessione - Assalto - Resistenza - Attesa, entro i quali colloca tre istinti fondamentali: istinto psichico, vitale, sessuale.
È un metodo che si può apprendere con lo studio e la scienza con la "S" maiuscola esige che ogni affermazione venga sempre convalidata dalla sperimentazione.

 

Sintesi di una intervista fatta da Pacifico Cristofanelli al medico psichiatra dott. Aldo Calanca che opera presso l'Università di Losanna.(dalla Rivista Scrittura 140-141-Ottobre 2006-marzo 2007)

Ritiene possibile una collaborazione medicina-grafologia?

Questa collaborazione mi sembra possibile, a condizione che ogni disciplina riconosca i propri limiti e le sue specificità.
La medicina cerca di descrivere diversi sintomi, onde arrivare ad una sindrome e a una diagnosi. A questo fine la medicina si servirà dell'esame clinico, la sua messa in parallelo con l'anamnesi e il risultato degli esami paraclinici (laboratorio, indagine radiologica, ecc.); la psichiatria, da parte sua, si servirà di test psicologici con lo scopo di valutare le capacità e la personalità del paziente.
La grafologia può essere paragonata ad un test psicologico che permette di confermare o completare l'esame clinico, almeno questa è la mia opinione dopo aver fatto una ricerca su 150 malati. Debbo però insistere su un punto che mi sembra capitale. La grafologia conserva la sua specificità, nel senso di uno strumento privilegiato dell'esplorazione di una personalità, grazie all'esame di un tracciato la cui singolarità si iscrive nello sviluppo psicomotorio, intellettuale e affettivo, come un testimonio fedele dell'evoluzione del soggetto.
Vi è inoltre qualcosa di impalpabile, non misurabile scientificamente che appartiene alla grafologia e che potrei paragonare al famoso "senso clinico" del medico, qualità che, ahimé, sta scomparendo a favore della tecnicizzazione della medicina attuale; faccio evidentemente allusione allo sviluppo attuale delle neuroscienze e, per quel che riguarda la psichiatria, all'evoluzione verso una gestione contabile e disumanizzata della malattia mentale. Paradossalmente, questa medicina di punta dovrebbe rispondere all'auspicio di Moretti, precisando i fondamenti organici dei nostri affetti. Per esempio: allo stato attuale delle conoscenze, è possibile, grazie alla neurobiologia e tecniche come la risonanza magnetica nucleare (RMN) visualizzare quello che accade nei nostri neuroni quando pensiamo o proviamo delle emozioni. La grafologia, a mio avviso, potrebbe inserirsi nell'ambito di queste investigazioni, portando il suo contributo in un lavoro transdisciplinare.
Purtroppo questa visione è probabilmente utopistica, dato che l'interesse delle neuroscienze sembra rivolto a ben altri orizzonti... Potrei inoltre aggiungere che, secondo la mia esperienza, non vi è linearità tra le scoperte delle neuroscienze e la loro applicazione pratica in psichiatria.

Ha avuto modo di applicare concretamente e di utilizzare la grafologia nel suo lavoro? Come?

Nel mio lavoro ho costantemente utilizzato l'esame della scrittura dei malati, come complemento dell'esame clinico e dei test psicologici. Condivido l'opinione di Wurmser sull'utilità della grafologia nell'investigare il carattere e la struttura di una persona, nel completare l'anamnesi personale e familiare, nel fare delle ipotesi sulla prognosi e l'evoluzione di una malattia, per controllare i risultati di un trattamento. Per la diagnosi nutro delle riserve. Aggiungerei, a titolo personale, che l'esame grafologico resta un metodo affidabile nell'assunzione di collaboratori futuri; in questo modo, ho potuto circondarmi dei migliori assistenti possibili.

 

Scritture in assenza di ansia e disagio


Sopra: Grafia di una bambina di sette anni in seconda elementare. Scrittura che mostra una buona scioltezza e armonia motoria per la sua età.
Intervento: nessun intervento, la scrittura armonica è correlata all'armonia delle funzioni mentali, come per esempio la chiarezza, la memoria, la precisione. Va guidata nel mantenere la sua autostima nell'oggettività.


Sopra: Grafia di un ragazzo di seconda media. Dalla grafia si nota una positiva evoluzione corrispondente all'età. Ha una reale percezione di sé. Le sue qualità intellettive sono: chiarezza mentale, buona capacità di approfondimento, capacità di concentrazione, equilibrio nei giudizi. Si possono già vedere tratti del carattere: è in grado di affermarsi senza prevaricare, è costante negli impegni, è affidabile.
Intervento: nessun intervento specifico. Va guidato a mantenersi nell'oggettività, a non sfociare nell'esagerata stima delle proprie doti intellettive e a sottovalutare i punti di vista e i consigli degli altri.


Importanza della diagnosi precoce e dell'intervento adeguato

Sopra: Grafia di un bambino di sette anni in seconda elementare. La scrittura è stesa con lentezza e difficoltà. Viene ostacolato l'apprendimento.
Intervento: Esercizi sotto forma di gioco per favorire la scioltezza della mano e l'attività mentale.

Sopra: Grafia di una bambina di sette anni in seconda elementare. La scrittura non è molto armonica ed è stesa con un po' di difficoltà.
Intervento: 1) dati di anamnesi, 2) accertamento tramite visita dall'oculista per escludere difetti visivi. 3) test da un optometrista comportamentale per un visual training con esercizi di coordinazione motoria specifici.


Sopra: Grafia di un bambino di sette anni in seconda elementare. Il bambino ha difficoltà nella visione e nell'orientamento dello spazio; non riesce a mantenere la direzione del rigo. Le lettere sono vergate con difficoltà e collegate in maniera maldestra. La scrittura rivela la presenza di una disgrafia di alto grado.
Intervento: come primo accertamento va indirizzato da un optometrista comportamentale per un visual-training.

Sopra: Grafia di un bambino di sette anni in seconda elementare. La scrittura rivela la presenza di una disgrafia di medio grado. Il bambino sa mantenere l'andamento del rigo (coordinamento spaziale), ma le lettere sono irregolari e i collegamenti tra le lettere sono eseguiti con attacchi maldestri.
Intervento: ricerca delle cause attraverso l'anamnesi ed un test dall'optometrista per un visual training e test uditivo secondo il metodo "Tomatis".


Sopra: Grafia di un bambino di sette anni in seconda elementare. La scrittura rivela la presenza di una disgrafia di alto grado. Sono disarmoniche le lettere, si alternano rimpicciolite ed esageratamente grandi con collegamenti maldestri che non rispettano l’andamento del rigo.
Intervento: ricerca cause nell’anamnesi. Test visivo dell’optometrista comportamentale per un visual training e successivamente il ricorso al metodo “Tomatis” e “Mézières” per delle appropriate scelte terapeutiche.
La serietà del caso richiede interventi di più specialisti. Importante la comprensione e il sostegno degli educatori nei momenti di scoraggiamento del bambino, perché i risultati si prospettano a lungo termine.


Sopra: Grafia di un bambino di otto anni in terza elementare. La scrittura rivela la presenza di una disgrafia di medio grado: e di brutta gualM per stante il notevole impegno; è vergata sotto sforzo e con dispendio di energie.
Intervento: potrebbe diventare balbuziente. Accertamento con test uditivo secondo il metodo “Tomatis” per valutare la difficoltà nell’ascolto e lo stress che ostacola l’apprendimento.


Sopra: Grafia di un bambino di prima elementare. La scrittura è in armonia con lo sviluppo della sua età. Dimostra molta diligenza nel rispettare le regole.

Sopra: Grafia dello stesso bambino in seconda elementare che rivela la presenza di un forte disagio psicologico. Gli spazi bianchi che lascia tra una parola e l'altra sono esageratamente grandi e anomali per un bambino: segnalano disagio e difficoltà di rapporto con l'ambiente circostante, accompagnato da uno stato ansioso molto marcato.
La difficoltà di apprendimento va ricercata nel disagio.

 

Sopra: Grafia di un bambino in quinta elementare.
La scrittura, sciatta e trasandata rivela una personalità per natura moderatamente attiva, con pochi interessi. Il bambino è a disagio perché non riesce a soddisfare le aspettative della scuola e della famiglia e cerca di compensare il senso di inadeguatezza attraverso la fuga dalla realtà e l'esaltazione dell'immaginazione: lo rivela il gesto allungato nei finali di parola.


Sopra: Lo stesso bambino in seconda media.
Il quadro si presenta molto peggiorato. Quello che prima era una fuga dalla realtà con la fantasia ora è diventato rifiuto incoerente.
Lo rivelano i gesti allungati ancora più frequenti. La scrittura curva è diventata angolosa, segno di una forte reattività di opposizione. I tagli delle "T" alti e prolungati denotano ribellione e contrasto verso gli adulti. Il ragazzo è in un esagerato atteggiamento di difesa nei confronti dell'ambiente che percepisce troppo oppressivo. Questo è un esempio di come una natura buona, anche se passiva, può modificarsi ed evolversi in un carattere aggressivo che, se non individuato in tempo, può degenerare in disturbi di personalità.

 

Sopra: Ragazzo di 13 anni in terza media.
Ha iniziato la scuola con un anno di anticipo e ha ripetuto la prima media.
La scrittura rivela un temperamento vivace, non particolarmente meticoloso; c'è qualche indice di turbolenza che compromette la memoria: lo indicano degli aggrovigliamenti all'interno delle lettere "0". Non sarebbe consigliabile per lui una scuola tecnica e/o troppo impegnativa.

Sopra: Lo stesso ragazzo a 18 anni; frequenta la seconda ragioneria. Ha ripetuto due volte la prima superiore, è nuovamente ripetente in seconda, perciò non viene ammesso in terza. Gli insegnanti hanno espresso il parere che probabilmente questa non è la scuola adatta a lui.
Si può notare che gli aggrovigliamenti saltuari, presenti nella scrittura a 13 anni, ora sono aumentati notevolmente. Il metodo del Moretti permette di riconoscere attraverso la scrittura i diversi disturbi di personalità.
La grafologia mette in evidenza che il giovane è disturbato da forme ossessive piuttosto gravi che gli impediscono di dedicarsi a qualsiasi studio. Poiché il metodo del Moretti permette di riconoscere attraverso la scrittura i diversi disturbi di personalità, sarà buona cosa ricorrere, bensì in ritardo, all'intervento di uno psichiatra che potrà aiutare il ragazzo a risolvere il serio disturbo mentale. Di conseguenza anche le difficoltà scolastiche potranno ridimensionarsi.

 

 

Esempi di orientamento agli studi

Sopra: Ragazzo di 13 anni.
La scrittura rivela un ragazzo con un buon equilibrio mentale, dotato di buona memoria, buone capacità discriminative che lo facilitano nell'apprendimento. Può frequentare a sua scelta qualsiasi scuola superiore.

 

Sopra: Ragazzo di quindici anni.
È di natura pacifica e comoda, non ha molti interessi intellettivi. Tende ad evitare sacrifìci e impegni. Si può realizzare in un'attività ripetitiva, adeguata ai suoi ritmi e ai suoi schemi mentali chiusi, che non lo scombini troppo. Se si cerca di coinvolgerlo quando non se lo aspetta o quando non è interessato, oppure se si disturbano i suoi programmi, si ribella furiosamente. Non riesce a comprendere le necessità degli altri e pertanto va aiutato a sviluppare un'attenzione empatica. Questa sintesi, è il risultato dell'analisi dei segni e soprattutto della riflessione sulla combinazione dei segni, cioè l'influenza che ogni singolo segno opera rispetto ad un altro.

 

Sopra: Ragazzo di terza media.
La scrittura rivela una intelligenza molto superiore alla media che è ostacolata dal
sentimento di inferiorità e può fuorviare il giudizio degli insegnanti e di chi gli sta
vicino.
Si applica rigorosamente nello studio, ma nelle interrogazioni delude perché è troppo
apprensivo. L'emotività gli crea nebulosità di pensiero. Poiché viene colto da ansietà
e smarrimento, le sue risposte non sono all'altezza della sua preparazione.
La caratteristica grafica che evidenzia questo disturbo è indicato dalle improvvise
marcature della pressione. Vedi ingrandimento.
La scuola tecnica scelta è adatta alle sue caratteristiche intellettive e temperamentali.

 

Sopra: Ragazzo di 14 anni.
La scrittura rivela una turbolenza molto marcata. È ricco di idee e di intuizioni non canalizzate 0 ben definite. È disorganizzato in tutta la sua attività mentale. Istintivo, imprevedibile, discontinuo nell'attenzione, è incapace di portare avanti attività impegnative e a lunga scadenza.
Per la sua vivacità e creatività estemporanea, non regge le ripetitività e l'osservanza delle regole, ma si adatta volentieri e con facilità ad attività che consentono la flessibilità. È capace di farsi valere, di esaltare le proprie caratteristiche e quindi riesce a superare ogni difficoltà. È stato iscritto ad una scuola privata di biologia non adatta alle sue caratteristiche.

 

Bibliografia

II corpo umano dalla scrittura (Grafologia somatica),
III ed., Ancona, Studio Grafologico "Fra Girolamo", 1961.

Scompensi. Anomalie della psiche e grafologia,
Ancona, Studio Grafologico "Fra Girolamo", 1962.

Trattato di Grafologia. Intelligenza-Sentimento,
XII ed., Messaggero, Padova, 1980.

L. Torbidoni, L. Zanin, Grafologia, Testo teorico-pratico,
IV ed., Brescia, ed. La Scuola, 1986.

Girolamo Moretti, Trattato di Grafologia,
XIII ed., Messaggero, Padova, 1985.

Roberto Saudek, Psicologia della Scrittura, I ed. 1982,
Messaggero, Padova, I rist. 1995.

Aleksander Romanovic Lurija, Neuropsicologia del linguaggio grafico,
I ed., Messaggero, Padova, 1984.

Rudolf Pohpal, Scrittura e cervello, La grafologia alla luce della teoria stratigrafica,
I ed, Messaggero, Padova, 1990.

Nazzareno Palaferri, L'indagine grafologica e il metodo morettiano,
I ed., Messaggero, Padova, 1999.

Girolamo Moretti, Trattato di Grafologia, Intelligenza-Sentimento
ed. Messaggero, Padova, 2002.

Girolamo Moretti, Grafologia Pedagogica,
ed. Messaggero, Padova, 2002.

Girolamo Moretti, Trattato scientifico di perizie grafiche su base grafologiche,
ed. Messaggero, Padova, 2002.

 


 

Dislessia e disgrafia
Riconoscimento precoce. Come affrontare il problema.

A cura del Dott. Lorenzo Lorusso Dirigente Medico in Neurologia U. O. di Neurologia, A. 0. "Mellini" Brescia

 

Dislessia e disgrafia

La dislessia è un disturbo del linguaggio. La disgrafia invece è caratterizzata da difficoltà della scrittura. I soggetti, che sono colpiti da queste difficoltà, sono persone che hanno un'intelligenza nella norma.
Banalmente un disturbo di scrittura può originare anche da una cattiva postura del bambino, cioè da una non perfetta posizione del corpo sulla sedia e nel banco, per cui si creano delle posizioni viziate che compromettono lo sviluppo di quei muscoli preposti a scrivere. Una conseguenza di questa alterata postura si può manifestare in una scorretta impugnatura della penna. Nell'impugnatura sono impiegati diversi muscoli della mano, in particolare quelli del pollice. Il pollice nell'uomo, a differenza degli altri primati come le scimmie, è capace di flettersi verso le altre dita e sul palmo della mano. Questi movimenti permettono una buon presa della penna, della matita ed anche di altri oggetti che usiamo quotidianamente.
Il ruolo dei diversi muscoli nella scrittura è differente durante il periodo di crescita del bambino.
I muscoli della spalla e quelli del braccio e dell'avambraccio hanno la funzione, in particolare verso i 5-6 anni, di controllare i segni grafici grossolani come le lettere maiuscole e di permettere che il tronco si raddrizzi e con l'aumentare dell'altezza del bambino la testa si allontani dal foglio. Contemporaneamente la posizione degli avambracci si modifica, perché inizialmente poggia sul tavolo, poi si stacca in modo tale che il gomito si avvicina al bordo e il polso di stacca dal banco. Questa posizione finale permetterà di scrivere più parole, perché il gomito eseguirà pochi movimenti facendo lavorare molto i muscoli della mano. Quest'ultimi intervengono nel rendere la scrittura più agile con linee dritte, i legami sono ben realizzati, gli spazi ed i margini sono regolari come pure la grandezza delle lettere e vi è una maggiore elasticità del movimento.
Questa scrittura tende ad essere presente verso i 9 anni ed è testimonianza che le varie parti dei meccanismi preposti all'apprendimento hanno raggiunto una buon coordinamento tra di loro.


Esempi di impugnature

Esempio 1: scorretta posizione del corpo e scorretta impugnatura. Uno dei motivi di affaticamento visivo e muscolare
Il capo è eccessivamente piegato sul quaderno. Questa posizione ora molto diffusa nella scuola, anche per imitazione e non solo per motivi di difficoltà motorie, o di disgrafia, impegna notevoli energie che vanno disperse durante l'apprendimento. La mano. Il pollice è in avanti rispetto all'indice il quale è piegato eccessivamente in maniera rigida nella posizione di impugnatura. Il dito medio è pure irrigidito e preme contro l'indice.

 

Esempio 2: scorretta posizione del capo e scorretta impugnatura.
La mano: presa a morso comporta innaturale movimento del polso e avambraccio in
forte tensione, (vedifoto a sinistra)

Esempio 3: corretta posizione del corpo e corretta impugnatura.
Questo è un esempio di una corretta postura del busto, del capo e impugnatura della
penna, (vedi foto a destra)

 

La dislessia è considerata un disturbo di apprendimento che comprende il disturbo della lettura, il disturbo di calcolo e disturbo dell'espressione scritta. I problemi di apprendimento interferiscono in modo significativo con i risultati scolastici e con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura, di calcolo e di scrittura. Questi disturbi vengono anche conosciuti come dislessia evolutiva (per essere più precisi nel caso della scrittura come disgrafia evolutiva). La dislessia in associazione o da sola è responsabile di circa 4 casi su 5 di disturbo dell'apprendimento. La stima di diffusione del disturbo negli Stati Uniti è del 4% fra i bambini in età scolare, mentre in Italia oscilla fra il 3 e 5%. Le differenze fra i vari paesi dipendono dalle caratteristiche della lingua: in lingue con corrispondenza chiara fra le lettere, o gruppi di lettere, scritte e la pronuncia, come nell'italiano, il disturbo è meno diffuso rispetto a lingue dove la relazione lettera scritta-pronuncia è più complessa come nell'inglese e nel tedesco. Il disturbo si riscontra più frequentemente nei maschi (60-80%) rispetto alle femmine. Una possibile spiegazione di questa differenza sembra da collegare che i maschi presentano, in associazione con il disturbo dell'apprendimento, problemi del comportamento e quindi giungono all'osservazione con maggior frequenza rispetto alle femmine. Molti soggetti (10-25%) con problemi comportamentali presentano anche disturbi dell'apprendimento. La demoralizzazione, la scarsa autostima e difficoltà nelle relazioni sociali possono essere associati ai disturbi dell'apprendimento; la percentuale di bambini 0 adolescenti con tali problemi che abbandonano la scuola è stimata intorno al 40% (circa 1,5 volte in più rispetto alla media). Anche gli adulti, con disturbi dell'apprendimento, possono avere notevoli difficoltà nel lavoro e nell'adattamento sociale.
A partire dal primo caso descritto di disturbo dell'apprendimento, è diventato più evidente che le persone con problemi di dislessia costituiscono parte di un'alterazione neurobiologica familiare e con caratteristiche ereditarie. La tendenza della dislessia a ricorrere nelle famiglie e recenti ricerche familiari e gemellari indicano che la maggioranza dei soggetti affetti ha dei parenti a loro volta con disturbi dell'apprendimento.
I fattori di rischio che predispongono alla dislessia sono dunque principalmente genetici; tuttavia il modello di trasmissione genetica del distrubo è complesso e non segue le leggi mendelliane.
Vari studi sono stati effettuati per la ricerca dei geni candidati per la dislessia. È necessario premettere che, come per la maggior parte dei disturbi delle funzioni mentali e comportamentale, la base genetica è complessa. Sembra che vi siano più geni coinvolti e che ciascuno di essi non sia sufficiente a determinare la dislessia. Nonostante la complessità di questo scenario, varie ricerche hanno permesso di identificare geni che possono causare la dislessia.
Diversi studi sono stati condotti sul cromosoma 15 che sembra avere un certo ruolo in soggetti dislessici di lingua tedesca ed inglese. Vi sono discordanze quale regione del cromosoma 15 sia coinvolta nel disturbo dell'apprendimento, secondo alcuni questa regione potrebbe essere candidata per specifici sottogruppi di soggetti dislessici o per particolari popolazioni.
Le evidenze a favore del coinvolgimento di un altro cromosoma, il 6, sembrano più accreditate di quelle a favore del cromosoma 15. Anche in questo caso ci sono stati studi che non hanno confermato il coinvolgimento del cromosoma 6 su grossi gruppi di popolazione selezionati.
I risultati convergono, anche se non in modo convincente, ad indicare alcune aree dei cromosomi 6 e 15 come siti dove, con maggior probabilità, si trovano i geni causali della dislessia.


Esempi delle posizioni più frequenti (Disegni di Marco Huyhn)

 

Posizione corretta: Banco e sedile sono posizionati in modo da non affaticare la persona mentre scrive. L'avambraccio posato sul banco permette di tenere il busto in una corretta posizione. I piedi appoggiano correttamente alla base.

 

 

 

 

 

 

Posizione 1 Il sedile è troppo alto rispetto alla lunghezza delle gambe
Posizione 2 L'altezza del sedile è regolata in modo da permettere un buon appoggio dei piedi
Posizione 3 Il banco è troppo alto rispetto alla misura del busto
Posizione 4 Il banco è troppo basso rispetto all'altezza del busto


Gli altri approcci per affrontare la disgrafia

La disgrafia può essere migliorata anche con l'approccio neuropsicologico e quello farmacologico.
Il tipo di intervento dipende dall'età, dal grado di disabilità del disgrafico, dalle abilità presenti che possono essere potenziate.
Un intervento importante è quello neuropsicologico, che deve essere attuato in collaborazione con gli insegnanti ed i familiari.
In Italia tale intervento è stato attuato con ritardo perché sono state acquisite solo recentemente le conoscenze neurobiologiche sui meccanismi che sono alla base del disturbo della scrittura. Tale ritardo è dovuto ad una impostazione, essenzialmente, psico-dinamica della scuola psichiatrica italiana ai vari disturbi del linguaggio durante lo sviluppo del bambino.
Lo specialista quando si trova davanti un disgrafico deve verificare l'integrità del sistema biologico che è coinvolto, poi l'integrità del sistema funzionale dei processi che sostengono l'attività e quindi valutare le funzioni psichiche che possono essere alla base del disturbo per formulare una buona diagnosi.

In altre parole una buona diagnosi deve cercare di rispondere a tre domande per poi applicare l'approccio psicologico più idoneo.

— Vi sono delle cause ben identificabili che possono spiegare la presenza di questi disturbi?
— Le funzioni neuropsicologiche che si vogliono prendere in esame sono integre?
— Vi sono dei fattori psicologici o problemi relazionali con l'ambiente, scuola e/o famiglia, che possono interferire con la funzione neuropsicologica
     che si vuole migliorare con la terapia?

Se la riposta alla prima domanda è negativa, come succede spesso nei disturbi del linguaggio dei bambini, si deve procedere all'analisi delle funzioni neuropsicologiche implicate nella disgrafia attraverso l'applicazione di protocolli che oggi esistono e sono facilmente a disposizione degli specialisti.
È importante che gli obiettivi degli specialisti siano condivisi dall'insegnante che con il suo giudizio e con il suo atteggiamento influenza tutta la classe, non solo i bambini, ma anche i loro genitori. Se l'insegnante non è d'accordo sull'inquadramento del disturbo di un bambino con disgrafia ogni sforzo prodotto dagli altri adulti porterà alla metà del risultato. Al contrario se l'insegnante ha capito il problema può trascinare anche gli altri in un circolo virtuoso che migliorerà il contributo del gruppo degli adulti coinvolti. L'importanza dell'insegnante è dovuto non solo all'autorità rispetto agli altri, ma anche per il ruolo di orientamento che esercita nei confronti della classe e per il tempo che trascorre con il bambino disgrafico.
Oltre la riabilitazione ed il supporto psicologico si prevede, in futuro, di aggiungere anche l'uso di farmaci che possono aiutare a migliorare coloro che presentano un disturbo nella scrittura.
Le recenti conoscenze hanno documentato che coloro che hanno problemi nella scrittura presentano alterazioni di alcune proteine del cervello (chiamate neurotrasmettitori), 0 l'aumento di alcune di esse, possono contribuire, insieme a fattori genetici, a causare la disgrafia. Alcuni ricercatori hanno quindi pensato di utilizzare dei farmaci,, capaci di stimolare il sistema adrenergico, e hanno ottenuto dei risultati incoraggianti. La terapia con i farmaci deve essere associata alla riabilitazione ed alla neuropsicologia. Tali approcci hanno come scopo la valorizzazione dell'individuo con la ricerca della qualità nascosta, o, se manifesta, con la riscoperta dell'inclinazione talentuosa. La realtà conferma che la percentuale dei soggetti affetti da disturbi del linguaggio, o supposti tali, che si sono realizzati in carriere d'eccellenza è pari a quella dei soggetti che non hanno tali problemi.


Essere mancini in un mondo a misura di destrorsi

È noto che la prevalenza per la destra è stata favorita da fattori culturali come la tendenza a trasmettere da generazione in generazione, quindi anche per imitazione o come fenomeno appreso per pregiudizi contro il mancinismo. Non tutti i mancini riescono a trovare da soli gli accorgimenti per superare le difficoltà iniziali e non è detto che le soluzioni trovate siano le migliori e le più economiche.
L'aiuto di un adulto è essenziale in particolare per permettere l'adattamento del mancino alla scrittura, che è concepita per il popolo dei destri. Per avere un'idea delle difficoltà del mancino osserviamolo mentre sta scrivendo: spesso il movimento della mano è accompagnato da altri movimenti inutili. Per esempio estrae la lingua, il corpo oscilla, contrae la mano destra, inclina la testa avvicinandola al foglio. Spesso appoggia il mento alla mano.
Nel difficile compito di procedere al contrario egli traccia le lettere in diversi frammenti successivi, sovrapponendo spesso il tratto nel tentativo di raccordarle. Per controllare la scorrevolezza della penna, egli è costretto a stringere fortemente le dite e le irrigidisce. Solleva spesso la mano dal foglio, per poter leggere e controllare ciò che ha scritto.
Nel procedere da sinistra verso destra la mano sinistra copre lo scritto e tutto risulta più difficoltoso per la fatica di spingere anziché trascinare la penna. Si aggiunga il danno fisico di una posizione che, irrigidendo il polso e facendo invece muovere tutto il braccio e la spalla, provoca contrazione, dispendio di energie e quindi facile spossatezza.
Per superare queste difficoltà, la maggior parte dei mancini, adottano la soluzione di porre la mano piegata ad uncino, sopra il rigo.
È importante fare una premessa che non è possibile definire con precisione se un bambino è mancino puro e/o viceversa: in particolare per quanto riguarda coloro che all'inizio della scuola dell'obbligo risultano essere mancini poi possono avere la capacità di diventare ambidestri, cioè essere capaci di usare anche la destra. Inoltre se un bambino usa la sinistra per scrivere, posso considerarlo mancino in tutti i compiti? 0 viceversa, posso considerare destrimane un soggetto solo perché scrive con la destra? Fatta questa premessa possiamo affrontare, sotto diverse angolature, quali sono i fattori che influenzano la scelta manuale.
Recenti ricerche hanno dimostrato che l'ereditarietà, o la familiarità, prevale sull'influenza ambientale anche se quest'ultima è importante sullo sviluppo cerebrale dopo la nascita. Di qui l'insufficienza della teoria genetica, che pure pare essere la più attendibile.
I fattori ereditari sembrano essere importanti nel mancinismo perché scrivere con la sinistra è maggiormente presente nei componenti di una stessa famiglia. Questo aspetto sembra essere confermato dalla scoperta di geni che indirizzano a preferire il mancinismo rispetto all'uso delle destra (si sa per certo che non segue una trasmissione di tipo mendeliano come il colore degli occhi). Secondo altri vi sarebbero delle alterazioni a carico di alcune aree del cervello, durante la gravidanza, che porterebbero a preferire il mancinismo dopo la nascita. Quindi esisterebbero diversi tipi di mancini: quello naturale, cioè quello puramente genetico ed il mancino patologico, il cervello che ha subito una sofferenza perinatale e, secondo alcune ricerche, in neonati prematuri. Per completare il quadro abbiamo anche i mancini per forza che sono quelli che a seguito di traumi accidentali o disturbi della vecchiaia hanno compromesso l'uso della mano destra. Infine vi sono i falsi mancini (di solito ragazzi) che pur utilizzando la destra per le varie attività quotidiane preferiscono la sinistra per compiti particolari, come per esempio scrivere. Questo comportamento è collegato sia a un contesto d'opposizione all'ambiente o per un processo di identificazione con un familiare che può essere un genitore, un nonno o uno zio. Ma le difficoltà dei mancini non terminano al momento della nascita anzi nuovi ostacoli si frappongono come il dover utilizzare regole imposte come la direzione della scrittura: per esempio la grafia in corsivo in Europa è diretta da sinistra verso destra.



Bambino di quattro anni mancino (vedi foto in alto a sinistra)
Impugna correttamente la matita mentre scrive.
Con molta naturalezza, senza richiesta, riscrive il suo nome in modo speculare.

Mancino di tredici anni (vedi foto in alto a destra)
L'impugnatura e la posizione della mano scorrette comportano un atteggiamento ad "uncino" che copre il testo scritto e contemporaneamente un irrigidimento del polso e la contrattura dei muscoli della spalla e del braccio. Questo porta ad assumere una postura che creerà problemi nella scrittura nel prosieguo dell'iter scolastico ma anche professionale.


La soluzione ideale per evitare l'acquisizione di una scorretta posizione, sarebbe quella di suggerire al mancino di inclinare il foglio come da esempio:

Per chi scrive con la mano sinistra la direzione più naturale sarebbe da destra verso sinistra. Può succedere che il bambino mancino, lasciato libero, scriva in questa direzione, invertendo le lettere. Scrive cioè "a specchio". Questa direzione di scrittura da destra verso sinistra per il mancino è molto facile, come lo è anche la lettura da destra verso sinistra.

 

 

 

 

 


 

Esempio di inclinazione del foglio verso destra per il destrimano

Il movimento di allontanamento (centrifugo) effettuato dai muscoli estensori della mano, che porta a spingere la penna lontano dal corpo, nel mancino si compie verso sinistra. È un movimento uguale, opposto e simmetrico a quello che si compie con la destra. A otto anni la scrittura del mancino dovrebbe aver raggiunto una buona scorrevolezza, come quella dei destrimani. Dopo la scuola elementare, l'evoluzione della scrittura segue quella della maturazione del gesto grafico.

 


È possibile che nell'adolescenza si presentino dei problemi, fra cui:

— gli ambidestri, orientabili a destra, che non hanno difficoltà;
— i mancini che scelgono la destra, senza utilizzare la sinistra, con difficoltà nella scrittura;
— i mancini che si sforzano di usare la destra per scrivere, ma poi ripiegano sulla sinistra avvertendo un senso di fallimento
     e quindi con difficoltà scolastiche;
— i mancini che rimangono tali e quindi non hanno l'esigenza di modificarla e non hanno alcuna difficoltà.

 

In quali pieghe della niente si nasconde la dislessia


Due sono attualmente le ipotesi principali: nel sistema che regola la produzione dei suoni e quindi del linguaggio oppure in quello che sovrintende all'elaborazione visiva delle immagini in movimento, come sono le lettere che scorrono alla nostra vista e vengono fissate per poco tempo.
Oggi sono chiari i motivi della dislessia, un'alterazione neurobiologica, e come si trasmette, prevalentemente di natura genetica, ma non sono noti le sedi, cioè dove, o le funzioni che sono responsabili del disturbo del linguaggio. Due sono le ipotesi principali: 1) un deficit del sistema fonologico, cioè dei suoni, e quindi un'alterazione a carico di quelle regioni preposte al linguaggio verbale o della parola; 2) un'alterazione del sistema di elaborazione visiva e quindi le difficoltà sono conseguenza di un difetto nell'elaborazione delle informazioni in movimento, come sono le lettere che scorrono alla nostra vista e vengono fissate per poco tempo. In alcuni casi potrebbe essere misto, cioè essere determinato da entrambi i meccanismi: fonologico e visivo. Recentemente quest'ultimo meccanismo è quello più accreditato. Questo modello è definito a due vie, o "modello a doppia via", e descrive quali sono i processi implicati nella dislessia nei soggetti adulti che hanno già imparato a scrivere e a leggere.
La teoria fonologica ha dominato per alcuni anni considerando la dislessia come un difficoltà nell'elaborazione dei suoni corrispondenti alle lettere scritte (fonemi). Si riscontra un rallentamento del processo di scrittura e lettura e la presenza di svariati errori, data la difficoltà di percepire, memorizzare e richiamare la rappresentazione fonologica dei segni grafici. Secondo tale ottica, il deficit fonologico deriva da un'incapacità nel discriminare gli indizi acustici che sono coinvolti nella discriminazione dei fonemi a causa della ridotta abilità di percepire gli elementi del linguaggio orale (difficoltà nel discriminare suoni simili come da-ba, problemi di percezione del linguaggio) in presenza di rumori di fondo e nella elaborazione di sequenze di suoni. Poche ricerche hanno potuto dimostrare la diretta relazione causale tra le competenze fonologiche e il successo nell'acquisizione delle abilità di scrittura e lettura. La maggior parte dei bambini con dislessia mostra disturbi non linguistici sia visivi che uditivi, i quali sono difficilmente spiegabili da un'ipotesi fonologica. In alternativa è stata formulata un'ipotesi che deriverebbe da un difetto nel processare rapidamente stimoli successivi e transitori che arrivano al sistema nervoso colpendo tutte le modalità sensoriali. Questa teoria si basa su dati, di tipo psicofisiologico, che indicano lievi anomalie in una specifica parte del sistema visivo (chiamato magnocellulare). Tali cellule sono presenti in altre modalità sensoriali che potrebbe spiegare la combinazione di deficit visivi ed uditivi. Il fatto che uno specifico trattamento dell'attenzione visiva ed uditiva è in grado di migliorare le abilità di scrittura
e di lettura nei bambini con dislessia fornisce un supporto all'ipotesi multimodale (coinvolgimento contemporaneo del sistema uditivo e visivo), come suggerito da diversi studi di riabilitazione della dislessia.

In base a tali ipotesi le dislessie sono distinte in:

1 - Dislessia fonologica;
2 - Dislessia superficiale;
3 - Dislessia mista.

La dilessia fonologica: il bambino presenta una difficoltà nella lettura di nonparole (parole possibili ma che non hanno significato nella sua lingua) rispetto alla scrittura e lettura di parole frequenti e di parole che costituiscono eccezioni di pronuncia (parole irregolari). Il bambino non ha raggiunto la capacità di segmentazione in sillabe.

Dislessia superficiale: i sintomi sono rappresentati da difficoltà nella scrittura e lettura di parole contenenti eccezioni di pronuncia (parole irregolari), mentre vengono lette bene le non-parole. In Italia sono pochi i casi di dislessia superficiale poiché l'italiano è una lingua con ortografia trasparente. Tale deficit sarebbe riconducibile all'incapacità del bambino di costruirsi un vocabolario lessicale, indispensabile per automatizzare la lettura, mentre non ha difficoltà a compiere la conversione segno grafico-suono (grafema-fonema).

Diselssia mista: è la forma più diffusa, caratterizzata da sintomi di entrambe le categorie precedenti, cioè difficoltà sia nella scrittura e lettura di parole irregolari che di non-parole.
Sembra che i due sottotipi riconoscano cause differenti, essendo quella fonologica su base prevalentemente ereditaria e quella superficiale è dovuta a cause di tipo ambientale. Un ulteriore aspetto è che la natura e la gravità del deficit possono variare nei diversi stadi evolutivi della vita del soggetto con dislessia. Quest'ultimo aspetto è generalmente trascurato dagli studi ma è molto importante perché permetterebbe di comprendere meglio quale tipo di trattamento è da applicare.

 

Interventi per correggere i disturbi del linguaggio

La possibilità di recuperare la disabilità di lettura e di scrittura è legata all'intervento riabilitativo.
Come esistono metodi diversi per insegnare a leggere e a scrivere allo stesso modo esistono differenti approcci riabilitativi.
L'importanza della riabilitazione è di acquisizione recente. Affinché l'intervento risulti efficace, è necessario che sia precoce e che sia condotto da personale specializzato.

Vi sono alcuni aspetti importanti che rendono efficace la riabilitazione:

— Deve coinvolgere altre funzioni sensoriali quali la vista e l'udito che devono essere complementari alla rieducazione del linguaggio, si pensi ad un approccio in un bimbo con disturbi da dislessia affetto da strabismo, ovvero con una difettosa binocularità.

— Perché possa essere efficace deve essere intensiva. Gli interventi rarefatti, per esempio una sola la volta alla settimana, sono di scarsa utilità. Gli interventi devono essere quotidiani e lo specialista deve dare indicazioni perché l'attività venga proseguita tutti i giorni.

— Deve essere attuata per lungo tempo. Si deve diffidare dei metodi che promettono risultati in poche settimane.

— È necessario saper riconoscere quando è il momento di interrompere la rieducazione per lasciare spazio a strumenti compensativi.


In linea generale la rieducazione intensiva quotidiana deve essere protratta fino alla fine della terza elementare. Poi sono utili periodi intensivi di due-tre mesi da ripetere due volte l'anno fino alla fine del ciclo della scuola elementare o nei casi più difficili fino alla prima media.
È più difficile il trattamento riabilitativo durante la scuola media perché le abilità di lettura-scrittura sono acquisite. I processi di automatizzazione si sono realizzati nella misura in cui il substrato neurobiologico del ragazzo e gli stimoli a cui è stato sottoposto lo hanno reso possibile. In questa fase è necessario usare strumenti per raccogliere informazioni. Cercare di fornire al dislessico la capacità di comprendere il contenuto di testi specialistici o di linguaggi più formali che vadano incontro ai suoi interessi. Il giovane dislessico non riesce a leggere e/o scrivere facilmente le pagine di storia o di scienza non solo per la scarsa propensione allo studio tipico di tutti i preadolescenti, ma perché è un compito che gli costa fatica e molto sforzo. Un modo per aiutarlo in certi casi è l'utilizzo del computer che permette di diventare autonomi senza rinunciare all'uso dei testi scolastici. L'impiego dello scanner e di programmi che consentono di leggere ad alta voce il testo consente al ragazzo con difficoltà di utilizzare l'ascolto piuttosto che interpretare quello che è scritto. La capacità di utilizzare in modo autonomo gli strumenti informatici, all'inizio, procurerà al ragazzo dislessico spavento che lo porterà ad una sorta di rifiuto preventivo. È necessario abituare il dislessico, a questa nuova situazione, gradualmente proponendo compiti facili che lo porti al successo senza troppo sforzo esattamente come si fa con i bambini che iniziano a leggere e a scrivere. Si tratta di insegnare informatica e quindi, in quanto tale, deve seguire i criteri di tutte le abilità che si apprendono dall'inizio. I genitori manifestano delle perplessità sull'uso del computer perché pensano che in questo modo la scarsa abilità del linguaggio acquisita con tanta fatica venga persa, si riduca. A questa perplessità si possono opporre due argomenti:

— La lettura tramite il computer arricchisce l'esperienza "linguistica" del ragazzo. È meglio ascoltare buoni testi che non fare alcuna esperienza.

— I ragazzi che usano in modo permanente il computer per leggere e scrivere migliorano la loro capacità di lettura diretta. L'uso, anche indiretto, dei testi scritti produce un miglioramento anche generale delle capacità di lettura.

Se il computer per gli altri studenti costituisce uno strumento di potenziamento delle proprie capacità intellettive, per i dislessici l'utilizzo del computer rappresenta uno strumento di compenso, una sorta di sostegno, che consente loro di avvicinarsi alle abilità degli altri. Uno strumento per esprimere le loro potenzialità intellettuali che sono ingabbiate dalla disabilità di scrittura. Per il dislessico l'impiego delle nuove tecnologie rappresenta un diritto che fa parte del diritto allo studio.


Bibliografia

- Robinson A., The history ofwriting, Thames & Hudson, London, 2001.

- Guglielmetti R., Mancinismo e scrittura, Happocrates, Milano, 2000.

- Connolly K., The psychobiology ofthe hand, Cambridge University Press, Cambridge, 1998.

- Stella G., La dislessia, Il Mulino, Bologna, 2004.

- Tabossi P., Il linguaggio, Il Mulino, Bologna, 1999.

- Cittenio A. e Marino C, La genetica della dislessia, Dynamic Air, 2004.

 


 

L'optometria ed il Visual Training nei problemi di scuola


A cura di Kurt ed Elke Dollinger

 

 

Per cominciare, riteniamo necessaria una precisazione: vista e visione non sono la stessa cosa:
la vista è la capacità di vedere, una funzione che si sviluppa negli esseri umani fin dalla nascita e che viene ritenuta completata intorno ai 6-7 anni;
la visione, invece, è la capacità di riconoscere, confrontare, comprendere, elaborare ed immagazzinare ciò che vediamo, ed è un processo legato all'apprendimento.

Molti bambini sani ed intelligenti vengono valutati come bambini pigri o scarsi, mancanti di motivazione, perché incontrano difficoltà nella lettura, nella comprensione del testo e in generale nello studio.
Sottoposti a controlli specialistici risultano essere in realtà sani e intelligenti. L'optometrista comportamentale potrà spiegare che essi non hanno mai imparato ad utilizzare simultaneamente se non per brevissimi intervalli gli occhi, che pertanto sono in grado di mettere a fuoco, ma con difficoltà o con tanto spreco energetico. Per questo la lettura richiede un grande sforzo che però dà uno scarso risultato. Da ciò la frustrazione e spesso l'autoemarginazione e l'emarginazione. Oggi sappiamo che il 90% di questi particolari problemi visivi possono essere eliminati velocemente e per sempre con un adeguato visual trainig grazie al quale il bambino potrà imparare a vedere. Infatti la visione è una capacità appresa ed è la somma di esperienze che ciascuno vive e che servono per affrontare le varie situazioni ed a risolvere in modo positivo.
In verità "io vedo" significa "io conosco, io capisco".

Per vivere correttamente ed in modo funzionale le esperienze, il bambino deve avere la possibilità di sviluppare bene motricità (chi sono- dove sono), centratura (dove sono gli oggetti), identificazione (che cosa è), e il processo verbo-uditivo (comunicare agli altri le informazioni acquisite).
È importante che ogni bambino, nella propria evoluzione, acquisisca e consolidi queste capacità. Se ciò non avviene, le difficoltà scolastiche, cui seguono inevitabilmente le frustrazioni, sono destinate a divenire sempre più evidenti, a meno che uno specialista non intervenga per recuperare le tappe non rispettate. Abbiamo detto che la visione è una capacità appresa, che pertanto può anche essere insegnata. Gli ottici optometristi comportamentali seguono un protocollo d'esame standardizzato in tutto il mondo dell'OEP detto"21 punti". Per mezzo suo riescono a capire i problemi della visione: problemi di messe a fuoco o di centratura o di allineamento. Ad essi cercano di rispondere con adeguati esercizi di Visual trainig. Allenano la persona ad usare meglio i propri occhi e tutti possono usufruire del loro servizio:

— i bambini con problemi di apprendimento della lettura e della scrittura;

— le persone che trascorrono molte ore davanti al computer;

— gli sportivi.


Chi dovrebbe usufruire dei servizi forniti dall’optometrista?

Bambini:

Un percorso di visual trainig personalizzato e correttamente imparato può essere di grande aiuto in molteplici situazioni di disagio e quindi può migliorare il rendimento scolastico di:

— Bambini con problemi di motricità, che sbattono contro gli oggetti, inciampano o cascano spesso;

— Bambini con un ritardo dello sviluppo o con problemi di postura;

— Bambini con problemi d'apprendimento in generale, in combinazione con una lettura molto lenta, che perdono spesso la riga, o che devono rileggere il testo per comprendere il suo significato;

— Bambini che muovono la testa quando leggono, o la tengono inclinata, o che si avvicinano troppo al testo di lettura o a qualsiasi attività svolta da vicino;

— Bambini che sono molto tesi e/o hanno una cattiva motricità ortografica;

— Bambini con scarsa e/o breve capacità di concentrazione;

— Bambini con ambliopia o strabismo, bambini iperattivi o poco reattivi.


Adulti:

Possono usufruire dei servizi forniti dall'optometria traendone sensibili vantaggi anche gli adulti:

— Persone con problemi visivi che non sono risolvibili con un occhiale o con le lenti a contatto;

— Persone con miopia iniziale o miopia evolutiva, per raggiungere una stabilizzazione e/o una riduzione,

— Persone con ambliopia o strabismo;

— Persone che vogliono evitare l'occhiale o limitare l'utilizzo;

— Persone con un lavoro che impegna molto la vista (lavoro con il computer, orologiaio, odontotecnico ecc.)

— Persone con scarsa o insufficiente concentrazione nell'esecuzione di lavori da vicino;

— Persone con costante o saltuario mal di testa dopo lavori effettuati da vicino o alla fine della giornata;

— Persone a cui bruciano o lacrimano gli occhi che utilizzano intensamente il sistema visivo;

— Persone con problemi di visione a distanza o con visione stereoscopica ridotta o assente.


Sport Vision:

Per concludere, accenniamo ai vantaggi che possono trarne gli sportivi:
Lo sport vision può essere fatto individualmente o in gruppo, per migliorare le capacità generali di qualsiasi sportivo, di livello agonistico oppure amatoriale.

 

Sintomi visivi nei problemi d'apprendimento

Soffermiamoci ad osservare in particolare il comportamento di un bambino che ha difficoltà nell'apprendimento della lettura e della scrittura: Tiene il libro molto vicino agli occhi, ad una distanza di 15 - 20 cm. Conta le pagine prima di leggere ed affronta soltanto le letture brevi. Muove la testa da sinistra a destra e viceversa durante la lettura e non gli occhi.
Usa il dito per seguire le righe della pagina.
Subvocalizza durante la lettura: mormora o muove le labbra in silenzio. Lamenta visione annebbiata, confusa o doppia e mal di testa. Conserva l'attenzione durante la lettura per un tempo breve: il bambino si affatica rapidamente.
È impegnato per molto tempo nell'esecuzione di compiti che in realtà dovrebbero richiederne poco.
Sembra leggere abbastanza bene, ma ricorda o comprende soltanto porzioni di quanto ha letto, mentre se il testo viene letto ad alta voce da un'altra persona ricorda praticamente tutto.
Ha una buona coordinazione, ma ha problemi con i giochi nei quali si utilizza una palla.
Lo studio che si basa principalmente sulla lettura risulta difficile, mentre matematica e scienze vengono apprese con facilità.

Optometria e Visual Training

La percezione visiva avviene a livello superiore, quello della corteccia cerebrale, e rappresenta l'interpretazione soggettiva dell'esperienza passata ed in relazione alle caratteristiche ereditarie. Possiamo dire perciò che il processo di percezione visiva è un'interpretazione individuale dovuta non solo a fenomeni fisiologici ma anche psichici.


 

 

a: antigravità (chi sono io "e" dove sono)
b: centratura (dove sono gli oggetti e le persone)
e: identificazione (che cosa è?)
d: verbo/udito (conversazione)

 

 

 

 

 

Contrariamente ad un punto di vista tradizionale, che considera la visione solo come un Input, già mezzo secolo fa il Dr. Skeffington per primo definì la visione come un output, ovvero come risultato dell'interpretazione fra organismo ed ambiente. Sviluppò un modello di visione formato da 4 cerchi in parte sovrapposti: processo di anti-gravità, processo di centratura, processo d'identificazione e processo verbo uditivo. Il primo è il processo di anti-gravità e riguarda il movimento. In relazione alla gravità il cervello del bambino impara a calcolare il punto spaziale in cui si trova grazie a tre sub-sistemi che inviano gli input. Il primo è costituito dai labirinti dell'orecchio interno che informano sui movimenti della testa e del corpo, sulle accelerazioni e decelerazioni nelle varie direzioni. Il secondo sub. sistema concerne i muscoli del collo, indicatori della relazione fra la posizione della testa e quella del corpo e degli arti. Il terzo, che deve integrarsi agli altri due, è rappresentato dal sistema oculare. Il 20% dei messaggi provenienti dagli occhi raggiunge attraverso il sistema limbico tutti gli altri sensi. Lo schema corporeo è la base dello sviluppo dell'ego e del "chi sono io" e "dove sono".

La seconda zona di performance secondo Dr. Skefhngton è la centratura, che è conseguenza dell'allineamento dei due occhi. Per fondere in una sola unità il miliardo di impulsi provenienti da ciascun occhio, bisogna ottenere un contemporaneo allineamento verso l'oggetto osservato. Senza tale allineamento degli input non avviene una corretta fusione e questo provoca insicurezza e frustrazione. Chi è insicuro nello spazio, è insicuro nel proprio ego. Il processo di centratura risponde alla domanda: "dove sono gli oggetti e le persone" e dipende da un adeguato sviluppo del processo antigravitazionale "dove sono io".
Il terzo cerchio di Skefhngton è la identificazione e ad essa contribuiscono tutti i sensi. Questo processo risponde quindi alla domanda "che cosa è?" e dipende dalla conoscenza del "dove è" che a sua volta deriva dal sapere "dove sono io". Il quarto cerchio definito da Dr. Skefhngton come verbo-uditivo ci dà la possibilità di comunicare agli altri le informazioni acquisite.

 

Stress e sistema visivo

Il concetto di stress visivo è stato introdotto da Skeffington, il padre dell'optometria comportamentale negli anni '50. Già a quei tempi lui definiva near-point visual stress (stress visivo prossimale) la prolungata attenzione visiva svolta a distanza prossimale durante attività cognitivamente e visivamente impegnative. In tale concetto la visione non era un sistema statico, rigido, meccanico, ma un processo attivo, dinamico che risponde alle interazioni dell'organismo con il suo ambiente. Con questo nuovo concetto i problemi refrattivi erano visti specificamente come il risultato finale di un adattamento allo stress visivo.

Lo stress esiste da quando esistono gli esseri viventi. È concomitante con la vita, è parte della natura umana; è il modo in cui la vita reagisce al vivere. Nel corso degli anni il termine “stress” è diventato diffusissimo sia in campo scientifico che nel linguaggio quotidiano. Tutti sanno - o pensano di sapere - cosa sia lo stress.

Il fisiologo americano Walter Cannon introduce per primo il concetto di "omeostasi" per indicare come i diversi processi fisiologici siano in uno stato di equilibrio dinamico e quando tale equilibrio viene a mancare o è minacciato, entrano in funzione meccanismi atti a rigenerarlo. Lo stress è quindi una tensione diretta ai meccanismi omeostatici del corpo. Cannon ipotizza infatti che in qualsiasi situazione percepita come pericolosa si attiva un sistema autonomo di risposta, la "reazione di emergenza", che permette all'organismo di attaccare (fight) o fuggire (flight) il pericolo.

Hans Selye definisce lo stress come la risposta biologica aspecifica del corpo a qualsiasi richiesta effettuata su di esso; ha definito stressori i vari tipi di stimoli o agenti che suscitano tale reazione. Questa risposta aspecifica, che l'autore chiama sindrome generale di adattamento, è composta da tre fasi successive: la fase di allarme, quella di resistenza e quella di esaurimento.

La fase di allarme
Attivazione del sistema nervoso simpatico: innalzamento della frequenza cardiaca, della pressione, della tensione muscolare

Fase di resistenza
Attivazione del sistema nervoso parasimpatico: impegnato nel tentativo di normalizzare il livello di allarme iniziale

Fase di esaurimento
L'organismo non è più in grado di difendersi, non riesce ad avere un ulteriore adattamento (malattie di adattamento)

Durante la fase di allarme si verifica la mobilitazione delle energie difensive, l'innalzamento della frequenza cardiaca, della pressione, della tensione muscolare, la diminuzione dell'attività delle ghiandole salivari.

Nella fase di resistenza l'organismo è impegnato nel tentativo di adattarsi alla situazione; vi è un graduale abbassamento dei livelli di allarme iniziale e gli indici fisiologici tendono a normalizzarsi. Ciò non deve, però, trarre in inganno, facendo supporre che il problema sia superato, perché invece proprio in questa fase lo sforzo dell'organismo per raggiungere un nuovo adattamento è massimo.

Se la condizione stressante continua o è troppo intensa o prolungata, l'individuo entra nella fase di esaurimento, in cui l'organismo non è più in grado di difendersi e la sua capacità di adattarsi ulteriormente alla situazione viene a mancare.

Selye sottolinea come lo stress sia inevitabile, e lo scopo ultimo non dovrebbe essere quello di eliminarlo dalla nostra vita, ma invece di imparare a gestirlo.
La condizione ideale di lettura è quando accomodazione e convergenza si trovano sullo stesso piano di lavoro; ma nel caso di una condizione di stress si ha un rilassamento dell'accomodazione che non si posiziona sul piano di lettura o lavoro, ma su un punto più lontano. Il posizionarsi più lontano dell'accomodazione comporta uno sfuocamento del testo per cui si ha lo stimolo di un'iperaccomodazione per superare l'effetto cicloplegico, indotto dall'attivazione simpatica, per permettere all'accomodazione di coniugarsi nuovamente sul piano di lavoro. L'accomodazione lavora in sinergia con la convergenza per cui dovrebbe trovarsi anch'essa sullo stesso piano. Ma il maggior utilizzo accomodativo genera a sua volta una iperconvergenza, cosicché la convergenza si centra su un piano più vicino di quello dell'accomodazione. Un buon rendimento al punto prossimo, con visione nitida, singola e comprensibile richiede che tale squilibrio fra accomodazione e convergenza venga eliminato.
L'adattamento a livello del sistema visivo per eliminare lo squilibrio che si è creato tra accomodazione e convergenza, si divide in tre fasi, con diversi sintomi e modificazioni nell'analisi visiva:

— La prima manifestazione di stress visivo è prettamente percettiva, e per questo motivo non è misurabile con un'analisi visiva, ma esiste una variazione nella performance visiva a livello qualitativo come, per esempio: la riduzione di velocità e di comprensione durante la lettura. L'adattamento inizia con una fase totalmente reversibile e puramente operazionale.

— Nella seconda fase sono invece osservabili deterioramenti misurabili analiticamente in vari aspetti della performance visiva. È presente un quadro sintomatologico che diviene progressivamente più specifico, caratterizzato da annebbiamento, cefalea, astenopia, ecc. In questo stadio, attraverso l'analisi visiva, sono già misurabili deterioramenti funzionali che mostrano l'origine e la direzione del processo di adattamento.

— Infine, la terza e ultima fase, caratterizzata da una completa misurabilità e da una modificazione strutturale che rende molto scarsa la reversibilità.. In questa fase la persona è di nuovo molto efficiente e non presenta alcun problema. Il corpo ha trovato un buon equilibrio e può lavorare di nuovo con un minimo dispendio di energia.

Il sistema ha percorso tre fasi per migliorare la propria economia energetica giungendo ad un equilibrio dinamico che, a scapito della struttura, ha ripristinato una miglior efficienza funzionale, giungendo ad uno stato di maggior stabilità.
L'adattamento, come lo stress, non è evitabile. Entrambi fanno parte della vita e del naturale processo di interazione di ogni organismo con il proprio ambiente. Purtroppo non sempre i processi di adattamento sono appropriati o desiderabili, ovvero non sempre risolvono lo stress, per cui è necessario cercare un'altra soluzione.
Condizioni come la miopia, l'insufficienza accomodativa, l'insufficienza di convergenza sono per noi optometristi comportamentali funzionalmente interpretate non come problemi primari ma come variazioni adattive secondarie allo stress prossimale.

Figura - Sfondo

Abbiamo già detto che la visione è un processo emergente, cioè un output. La visone è una capacità appresa ed è la somma delle esperienze sintetizzate e astratte dall'organismo, che servono ad affrontare la situazione da risolvere. In verità, "io vedo" significa "io conosco, io capisco".

In questo processo di apprendimento della visione è molto importante una organizzazione, chiamata: organizzazione figura - sfondo (centrale - periferica).
Per apprendere bene il bambino deve avere la possibilità di sviluppare una buona mo-tricità (anti-gravità "chi sono?" e "dove sono?"), centratura ("dove sono gli oggetti?"), identificazione ("che cosa è?") e verbo-uditivo (comunicare agli altri le informazioni acquisite).

Questi quattro processi si sviluppano simultaneamente ma l'uno o l'altro possono assumere una certa dominanza e periodicamente accentuarsi. È una accentuazione sempre momentanea in costante presenza degli altri.

Il processo che prende la dominanza è la figura mentre tutti gli altri processi sono lo sfondo. Cioè sono sempre tutti presenti e collaboranti ma una delle funzioni prende il sopravvento, ed è la figura.

Questa organizzazione figura-sfondo non è solo importante negli anni dello sviluppo, ma anche dopo. L'importanza si nota soprattutto a scuola, dove il bambino deve imparare a concentrarsi su una cosa, la figura mentre tutte le attenzioni sonore, visive ecc. devono diventare sfondo.
Se il bambino non ha imparato a fare questo, per lui sarà molto difficile concentrarsi su una cosa precisa senza che lo sfondo lo disturbi. Siamo noi stessi, o il bambino in questo caso, che decidiamo di voler avere come figura una cosa piuttosto di un'altra.

L'organizzazione figura - sfondo rappresenta l'abilità di poter fare delle scelte. Sembra che la sola possibile e reale libertà personale che si possa avere nella vita sia l'abilità di fare questi tipi di scelte - per estrarre selettivamente la figura dallo sfondo - e creare così una certa forma di ordine personale. Figura e sfondo non sono aspetti isolati ma intimamente correlati. Le figure hanno bisogno dello sfondo e lo sfondo ha bisogno delle figure. Ogni figura, che sia un oggetto, un'idea o un evento, deve essere messa in relazione ad un contesto che è il suo sfondo. Come per esempio una parola è comprensibile solamente in un contesto definito, in una frase, in un certo contesto culturale.

Il volontario e selettivo aspetto di scelta di una figura da uno sfondo in base al suo significato può essere paragonato all'attenzione. L'attenzione non é niente più dell'atto di estrarre una figura da un contesto in relazione al contesto. L'attenzione altamente focale (o centrale), nella quale la periferia non ha un ruolo attivo o è ignorato, è associata con un maggior dispendio di energia di quando la periferia è coinvolta attivamente.
Uno sbilanciamento nel processo figura - sfondo, cioè un incremento dell'attenzione focale con un decremento della consapevolezza periferica diventa un produttore principale di stress. Infatti lo stress può influenzare molto questa relazione figura - sfondo.

Nel caso che il livello di stress percepibile rimanga sotto il livello di frustrazione esso evocherà un aumento dell'organizzazione percettiva. Il bambino sarà capace di aumentare la sua concentrazione.
Se lo stress invece va oltre il livello di frustrazione causerà un immediato collasso di organizzazione e struttura percettiva e con questo il bambino avrà difficoltà a concentrarsi. Il che significa che quando lo stesso stimolo assume maggior significato, tenderà a divenire figura.

Recall - relate - directed

Un altro fattore molto importante nel processo di apprendimento è il processo recall-relate-directed. Quante volte si dice che il computer è una specie di cervello il che, sotto alcuni aspetti, può essere accettabile, anche se nella sua totalità di organo, il cervello umano è tanto complesso che un miliardo di computer del modello più avanzato non potrà uguagliare le sue capacità. Ma in una cosa siamo molto simili al computer: un computer non risolverà alcun problema sino a quando non sarà stato programmato. Anche noi ma soprattutto un bambino, finché non avrà vissuto un'esperienza non potrà affrontare quella situazione dato che non è ancora registrata nella sua memoria. Il ricordo di un'esperienza vissuta e il suo collegamento ci dà la possibilità di affrontare una nuova situazione simile a quella già vissuta, e la sua risposta può essere diretta, immediata e anche visiva. Recall ► ricordo: attraverso l'esperienza il bambino riconoscerà lo stimolo.
Relate ► collegamento: collegare esperienze passate con la situazione presente.
Directed ► diretto: la risposta può essere percezione visiva diretta (visual directed)

Pure importante per la maturità percettiva è l'ultimo punto sopra citato, directed. Si possono distinguere due stadi: "The non-directed"t metodo non diretto: il bambino è maturo ad eseguire un'azione ma senza scegliere una determinata meta. Metodo non auto-diretto: l'input necessario per realizzare il compito ha la sua origine al di fuori del suo corpo. Il bambino reagisce automaticamente allo stimolo nel modo in cui l'ha imparato nel passato. In questo modo lavora in un processo neurologico più basso. Esempio: il bambino piccolo che non cammina, vede un'oggetto (una mela), e la raggiunge ma senza un particolare motivo. Il bambino lo vuole conoscere sentendo l'odore, la forma, il gusto, ecc. "The directed" ► metodo diretto: il bambino ha identificato la meta e cercherà di mettere in relazione le diverse indicazioni che provengono dall'ambiente per raggiungere la meta finale.
Metodo auto-diretto: in questo caso l'input necessario per realizzare il compito arriva dall'interno del suo corpo. In questo modo si lavora in un processo neurologico più alto. Esempio: Il bambino di prima adesso sa che cos'è l'oggetto (la mela) che lui vede e vuole avere quella mela per mangiarla.
Tutti questi processi sono molto importanti per un buon rendimento scolastico, e sono anche la base del nostro VISUAL TRAINING. Soprattutto nei bambini, ma anche negli adulti, si deve impostare il VISUAL TRAINING passando sempre da un livello neurologico più facile e basso a uno più difficile cioè più alto.

 

Bibliografia

Vittorio Roncagli, Valutazione e trattamento dei disturbi visivi funzionali Alessandria, Edizione il Contatto, 1996.

E.B. Forrest, Visione e Stress
Albo degli Optometristi - Accademia Europea di Sport Vsion, 1993.

Martin H. Birnbaum, Optometria comportamentale: una rassegna storica pag. 32-59 "Professional Optometry" del maggio 1995.

Stefan Collier & Sonja Vanhimbeeck, Miopia Control - Miopia Training (SOE) Bruxell 1996.
Robert M. World, Visual andpercetual aspectsfor acheving and underachie-ving child, copyprint by SOE 1969.

Homer Hendrickson, Il processo di sviluppo della visione copyprint by SOE 1990.
Sonja Collier-Vanhimbeeck, Guida per un training optometrico della miopia Optomatters CVBA Belgio 1996.

Stefan Collier & Sonja Vanhimbeeck, The low achiever and his leraning proces in occasione del corso a Barcellona nell'Ottobre 1996.

Vittorio Roncagli e Domenico Intelisano, Optometric Vision Training corso ALBO/EASV/OEP 1996.

Elke Dollinger, Tesi in optometria, Optometria comportamentale un'esperienza personale, Apello autunnale 1996/97.

Kurt Dollinger: Relazione
4° Congresso Internazionale di Optometria a Versailles 2002.

 


 

Somatica esperienziale della voce

Come raggiungere maggiore benessere e sicurezza di sé
attraverso la propria voce.

A cura di Gina Bottega
esperta in formazione vocale

 

La nostra voce è la nostra identità. È la partitura musicale tangibile del nostro corpo.


La voce è il nostro passaporto verso gli altri. È veicolo di comunicazione. Dunque potremmo dire: voce come Dna dell'anima. Voce come espressione sonora della personalità. La sua emissione varia a seconda dello stato energetico, dei modelli di comportamento, del sentire profondo.
Essa dichiara lo stato di salute, di benessere della persona. Per esempio: irrigidimenti e tensioni si possono manifestare in un suono costretto... In tal senso la voce esprime ciò che il corpo/mente sta vivendo. Spesso non riusciamo a servircene come vorremmo, non siamo in grado di darle libertà, di esprimerci facendo aderire il suo suono a ciò che vorremmo comunicare: non ci è dato facilmente di accedere alla nostra accordatura interiore...
A volte la nostra voce non ci piace, mandiamo un messaggio verbale con un determinato contenuto e la voce ne esprime uno diverso...
Ebbene, lavorare con la voce, sulla voce, permette di imparare a servirsi del proprio corpo come di uno strumento finalmente accordato sulla verità vocale profonda.

Ma di quale verità si tratta?
La verità vocale di ciascuno è tributaria della sua fisiologia, della sua psicologia, della sua spiritualità. Una voce che si esprime in modo coerente, vale a dire in sintonia col sé mentale, emozionale, corporeo è una voce "vera" e in questo senso non esistono brutte voci. L'esplorazione vocale costituisce un momento efficace per contattare la nostra natura profonda, ricca di potenzialità.

All'inizio del percorso emergono domande interessanti:
Quale voce uso? Che cosa mi rivela la mia voce? Che cosa rivela la mia voce agli altri? Qual è la mia vera voce?
La globalità dell'approccio e dell'esperienza nel suo insieme non può prescindere dall'ascolto. Ascolto di sé, della relazione spaziale-vocale, della risonanza sensoriale...

Un ascolto che induce consapevolezza su ciò che si fa e su ciò che accade. Gli elementi della pratica e cioè respirazione, postura, emissione sonora di vocali, bilanciamento nello spazio, si focalizzano sulla coscienza corporea. Gli esercizi, volti a sviluppare una più sicura centratura personale e di una nuova verticalità sonora, favoriscono l'accesso ad una vocalità più rotonda, ampia, profonda. Il suono vocale è il riflesso di assonanze corporee e di un nuovo modo di percepire se stessi e gli altri. L'operaio vocale, divenuto soggetto della propria ricerca personale, sperimenta che la voce diviene al tempo stesso mezzo e fine. Cantare diviene espressione di nuovo benessere e armonia.

"Infondo tutti sanno che l'anima canta. E ognuno sa che si fa di tutto in questo mondo per impedirglielo. E la sua sofferenza trae origine proprio dalla soppressione di questo anelito verso l'universo cui apparteniamo..."

I momenti esperienziali con la voce trovano validità anche quando sono rivolti ai bambini poiché il loro fondamento è l'ascolto. Il gesto vocale diviene strumento di conoscenza delle proprie risorse, di regolazione del comportamento nella relazione e di armonizzazione.
Per accedere agli incontri non è richiesto alcun requisito né conoscenza musicale di base.
Gli incontri svilupperanno tematiche di volta in volta diverse, quali la sonorità corporea, lo spazio interno ed esterno, la coerenza del gesto col suono, l'orientamento vocale, la postura....
Gli incontri, rivolti a coloro che intendono potenziare l'espressività della propria voce, si svolgono sia individualmente che in piccoli gruppi.

 

Bibliografia

Aucher, L'Homme Sonore, H.G., 2003

Bologna, Flatus Vocis, Il Mulino, 2000

Cavarero, A più voci, Feltrinelli, 2003

De Miranda, Corpo territorio del sacro, Ancora, 2000

De Souzanelle, Il Simbolismo del Corpo Umano, Servitium, 2001

Di Benedetto, I Numeri della musica e la formula del cosmo, ECIG, 2003

Dowing, Il corpo e la parola, Astrolabio, 1995

Goldman, Il potere di guarigione dei suoni, Punto d'Incontro, 1998

Gregorat, La musica come mistero del suono, Concivis, 1988

Uboyer, Canto e respirazione energetica, Red, 2004

Rohmert, Il cantante in cammino verso il suono, Diceste, 1999

Schneider, Il significato della musica, Rusconi, 1999

Tomatis, L'orecchio e la voce, Baldini Castaldi, 1999

Wilfart, 77 canto dell'essere, Scritium, 2000

 


 

Saper ascoltare

Metodo Tomatis

A cura della Dott.ssa Emanuela Cima
Psicoterapeuta psicosomatica

 

Scrittura di Tomatis del 1993


 

 

La firma ascendente rivela il desiderio dell'affermazione di sé, l'aspirazione
verso traguardi ambiziosi sostenuti da una notevole aggressività.
Per natura timido e schivo, è tenace nel perseguire i propri scopi.
È dotato di intelligenza inventiva, spirito di osservazione finissimo,
ordine mentale e originalità intuitiva. Gli studi scientifici, la ricerca e la
professione di medico gli hanno consentito di uscire dall'anonimato.

 

 

 

Ascoltare non ciò che vogliamo raccontarci, non quello che crediamo di aver capito ma aprirci all'ascolto, in tutte le sue frequenze, in tutta la bellezza della sua complessità e raffinatezza.
È necessario saper ascoltare, porsi in condizioni di aprire bene le orecchie ai suoni, al suono che proviene da fuori per poter capire se quel suono anche sottilissimo entra in risonanza con qualcosa che vibra dentro di noi. Certo, è più facile parlare, dire ciò che secondo noi ci fa stare male o bene ma la verità si nasconde facilmente dentro un mare di parole. In realtà solo una grande flessibilità mentale ed emozionale ci permette di sentire tutte le frequenze sonore.

Quando siamo in grado di "entrare in risonanza" ci mettiamo in contatto con la nostra parte più primordiale, quella che è in grado di riconoscere immediatamente ciò che è giusto o no per noi, senza passare attraverso il filtro mentale che giudica, controlla e molto spesso ci mette sulla falsa strada facendoci credere il contrario, un vero "burlone" a cui noi, nella nostra cultura occidentale, abbiamo dato fin troppa importanza.

Ma come fare per ritrovare il nostro essere primordiale, la nostra armonia interiore che sentiamo vibrare insieme a tutto ciò che ci circonda se il filtro giudicante inizia a lavorare molto prima ed arriva alla corteccia un qualcosa di diverso da ciò che avrebbe dovuto essere.

Già, perché il filtro agisce addirittura al momento dell'ascolto, quando, ingenuamente crediamo di saper ascoltare tutto ciò che sentiamo con le nostre orecchie e poi, facendo un semplice test audiologico, scopriamo che non riusciamo a percepire che una minima parte delle frequenze che ci arrivano ed anche su quella parte a volte innalziamo una serie di barriere e di filtri che fanno arrivare al nostro cervello un suono del tutto diverso da quello che avrebbe dovuto essere, un suono anche molto più distorto, ma per noi forse più tranquillizzante.
Siamo invece bravissimi nel ricacciare le armonie, nel non voler sentire le alte frequenze, nel non lasciar passare alcune frequenze sonore anche se abbiamo imparato cognitivamente che la vita è colma di ricchezza, diversità ed armonia, sappiamo che il suono di un tamburo africano ci fa riportare alla vita, ma ascoltare quel suono a volte fa paura.

Allora, come riportare all'ordine ed all'armonia le cose? Il punto di svolta sembra essere: SAPER ASCOLTARE.

Saper ascoltare ci permette di sentire tutte le frequenze sonore, di non ometterne alcune e nello stesso tempo, di vivere serenamente, di apprendere, di ricordare, di concentrarci senza essere facilmente stanchi e, cosa più importante, di verticalizzare la nostra postura permettendo l'accesso alle alte frequenze, quelle più legate alla spiritualità che è in grado di comunicare al nostro essere l'appartenenza all'Universo. Ecco quindi la grande importanza di aprirci all'Ascolto, in tutte le sue frequenze, in tutta la bellezza della sua complessità e raffinatezza. Ecco ciò che ci ha lasciato in eredità Alfred Tomatis.


Alfred Tomatis (1920-2001)

Un medico francese specializzatosi in otorinolaringoiatria, ha dedicato oltre 50 anni della sua attività e ricerca ai problemi dell'udito ed ai processi neurologici che regolano il funzionamento dell'orecchio, organo da lui stesso definito come „la via regale al linguaggio".
Orecchio e linguaggio, infatti, sono intimamente legati e collegati a tutti quei fenomeni che presiedono alla comunicazione dell'essere umano con l'ambiente.
Tomatis fece la rivoluzionaria scoperta che "una persona può riprodurre con la voce solo quello che è in grado di ascoltare", quindi, se la persona non è in grado di ascoltare determinate frequenze queste non sono presenti nel suo spettro vocale (prima legge di Tomatis). Tomatis sottolinea la differenza tra sentire ed ascoltare. Sentire: l'orecchio umano è in grado di sentire tutte le frequenze che vanno da 20 a 20.000 Hz.
Ascoltare: la persona pone attenzione in modo particolare solo ad alcune frequenze, ad esempio le frequenze della lingua materna. Infatti, quando il bambino è molto piccolo è in grado di ascoltare molte frequenze, quando cresce si specializza sulle frequenze della propria lingua. Tomatis parla, infatti, di «postura d'ascolto".
La postura d'ascolto è il modo in cui la persona pone attenzione preferibilmente ad alcune frequenze sonore invece che ad altre; tale postura implica un particolare modo di funzionare sia dell'orecchio che del sistema nervoso centrale. Attraverso il metodo Tomatis si cerca di modificare tale postura d'ascolto migliorando il modo di lavorare dell'orecchio.
Tomatis dimostra inoltre che "se si modifica l'udito, la voce è immediatamente ed inconsciamente modificata" (seconda legge di Tomatis).
Tali leggi sono depositate presso l'Accademia delle Scienze e presso l'Accademia Nazionale di Medicina di Parigi negli anni 1957-1960. Il suono si propaga sia in conduzione aerea che ossea.
In conduzione aerea il suono determina una attivazione sia dell'orecchio medio che dell'orecchio interno.
Nella conduzione ossea il suono si propaga direttamente all'orecchio interno senza passare per l'orecchio medio.
Il suono attraverso le ossa raggiunge direttamente l'Organo del Corti. L'idea innovativa di Tomatis consiste nel fatto che si può migliorare e cambiare postura d'ascolto della persona ritardando l'ascolto in conduzione aerea. Il suono viene percepito prima in conduzione ossea, perché così l'orecchio medio, in modo particolare il muscolo flessore che innerva il martello ed il muscolo estensore che innerva la staffa, si prepara ad ascoltare il suono e, quindi, venendo irrorato più sangue, si attivano meglio i due muscoli che dovrebbero lavorare in armonia. L'alternanza tra attività e riposo determina una sorta di palestra sia per l'orecchio medio che per l'orecchio interno.
Questa "palestra per l'orecchio" è resa possibile da una apparecchiatura chiamata "Orecchio elettronico" inventata dallo stesso Tomatis che permette una stimolazione sensoria praticata attraverso suoni elettronicamente modificati, cioè filtrati dall'apparecchiatura in modo da lasciare solo alcune frequenze, per permettere così un allenamento dell'orecchio.
Tomatis quindi rivaluta, rispetto alla teoria classica della funzione uditiva, l'importanza della conduzione ossea del suono.
Tramite l'apparecchiatura creata da Tomatis, detto audiolaterometro, è possibile attraverso il Test d'ascolto individuare la postura d'ascolto di una persona.. Sulla base di tale postura si elabora la programmazione del "Training uditivo". La durata del trattamento varia da persona a persona: un programma medio si articola in un ciclo di circa un mese e mezzo alternando periodi di ascolto a periodi di riposo. Quando il trattamento riguarda il bambino o l'adolescente, viene chiesto anche alla madre di sottoporsi al training uditivo: questo per favorire un cambiamento nella relazione. Si filtrano i suoni a determinate frequenze, in modo tale da riaprire l'orecchio a quelle frequenze alle quali si è chiuso per cause traumatiche o psicologiche. Le musiche utilizzate sono brani di Mozart e Canti Gregoriani. La terapia prevede anche una fase attiva in cui si lavora sulla voce della persona.
Gli ambiti di applicazione del Metodo Tomatis sono: difficoltà di apprendimento, problemi di linguaggio, disturbi psicosomatici legati allo stress e disturbi della postura.

— Nel caso dei disturbi dell'apprendimento si affrontano in modo particolare: problemi di lettura, memoria e concentrazione.

— Per i problemi del linguaggio: balbuzie, ritmo e ritardo della parola.

— Nel caso dei disturbi della postura si interviene nella cifosi, sulla iperlordosi e sulla scoliosi.

Per i problemi relativi all'apprendimento ed al linguaggio l'orecchio elettronico viene utilizzato in Francia ed in diversi Paesi del mondo anche nelle scuole.

 

Bibliografia

Testi di Alfred Tornatis:

Educazione e Dislessia, Edizioni Omega, 1977-2005.

Management dell'Ascolto, Franco Angeli Editore, 1992.

L'Orecchio e la Vita, Baldini e Castoldi, 1992.

L'Orecchio e la Voce, Baldini e Castoldi, 1993.

Dalla Comunicazione Intrauterina al Linguaggio Umano. La liberazione di Edipo, Ibis, 1993.

L'Orecchio e il Linguaggio, Ibis, 1995.

La Notte Uterina, Red, 1996.

Perché Mozart, Ibis, 1996.

Ascoltare l'Universo, Baldini e Castoldi, 1998.

Come nasce e si sviluppa l'Ascolto Umano, Red, 2001.

Siamo tutti nati Poliglotti, Ibis, 2003.

 

Testi di Terapia sul corpo:

La revolution en gymnastique orthopédique, Francoise Mézières, 1949.

Guarire con l'antiginnastica, ovvero Le ragioni del corpo, Therese Bertherat e Carol Bernstein, A. Mondadori, 1989.

 


 

La Psicosintesi di Roberto Assagioli

Come conoscere, possedere e trasformare i propri aspetti immaturi.
Counselling psicosintetico: vivere la crisi come opportunità di crescita.

A cura di Daniela Corradini
Counsellor Professionista

 


Roberto Assagioli (1888 -1974)

La Psicosintesi nasce all'inizio del '900, dal lavoro di ricerca dello psichiatra fiorentino Roberto Assagioli. Già nel 1905 Assagioli traduce e diffonde in Italia, i primi articoli di Sigmund Freud e nel 1909 frequenta la famosa clinica psichiatrica di Burghòlzli, vicino a Zurigo, dove incontra Cari Gustav Jung.
Scrive Jung a Freud in quel tempo: "...il nostro primo italiano, è un medico di nome Assagioli, dalla clinica psichiatrica di Firenze. Questo giovane è molto intelligente e sembra un uomo colto, un allievo entusiasta che entra nel nostro campo col brio necessario...".

La psicosintesi è in prima istanza un atteggiamento, una pratica, una lenta conquista verso l'integrazione e la sintesi in ogni campo. È un modo di entrare in contatto con se stessi al fine di realizzare il proprio potenziale evolutivo. È una psicologia che si rivolge alla persona "sana" che desidera conoscere le sue dinamiche interiori e dare un senso più ampio alla sua esistenza.

La psicosintesi propone percorsi di autoformazione e di crescita personale, ma trova applicazione anche nel campo della psicoterapia, del counselling e dell'educazione.

La psicosintesi terapeutica ha lo scopo di curare il disagio psichico. Tuttavia, siccome la psicosintesi mette in risalto la salute più che la malattia, rifiuta di identificare i clienti con i loro sintomi, e opera per la realizzazione delle potenzialità umane, la psicoterapia psicosintetica accentua l'individualità e l'unicità di ognuno. Ciò che conta non è il sintomo che caratterizza il cliente o che lo accomuna a molti altri individui che hanno sintomi simili e una simile storia o a una entità statistica virtuale della patologia. Quello che più conta è la irripetibile storia di un individuo, l'interpretazione che questi ne dà e che dà alla propria situazione esistenziale; i valori che regolano la sua vita, il futuro che è capace o incapace di progettare. La domanda iniziale non è quindi "che cosa rende questo individuo simile agli altri?", ma "quali elementi differenziano questa persona dalle altre e la rendono l'individuo che è e che potrebbe diventare?"
La guarigione nella psicosintesi terapeutica non è mai valutata sulla base di un sollievo temporaneo, ma è segnata da un più profondo cambiamento del cliente, dalla maggiore armonia della sua concezione del mondo e del proprio posto in esso, dalla sua relazione con le altre persone significative della sua vita e dai cambiamenti concreti del suo comportamento.

Il counselling psicosintetico è l'instaurarsi di una relazione tra una persona - o una coppia o un gruppo di persone - che si trova in una situazione esistenziale problematica o conflittuale o critica, e un'altra persona ritenuta competente e capace di aiutare a orientare e/o risolvere il problema, conflitto o crisi individuale (o di coppia o di gruppo). Lo si può anche definire un incontro umano tra due soggetti, di cui uno (individuo, coppia o gruppo) sente di trovarsi in una situazione esistenziale di difficoltà e attraverso la condivisione con un altro soggetto, che lo ascolta in modo attento, consapevole e che cerca di aiutarlo, riesce ad impostare correttamente, orientare e risolvere il problema condiviso.
Una decisione importante da prendere, la perdita improvvisa della salute, del lavoro, di un affetto importante e altre esperienze traumatiche possono disorientare e causare in ogni persona un distacco dai precedenti interessi e obiettivi a cui si era dedicata. Sono queste alcune delle aree di intervento del counsellor. Il counsellor si propone di aiutare i clienti a conoscersi meglio, affinché possano modificare alcuni atteggiamenti e assumere le decisioni necessarie per il loro benessere, in modo che possano alfine imparare ad aiutarsi da sé.
Una fra le principali caratteristiche dell'approccio psicosintetico è il rilievo dato alla volontà, come funzione psicologica di equilibramento e di sintesi fra le altre funzioni, e come principale forza ispiratrice dell'individuo, delle sue scelte e delle sue assunzioni di responsabilità.
Scopo quindi del counselling psicosintetico è quello di affrontare una specifica situazione esistenziale di difficoltà e disagio, favorendo lo sviluppo e l'utilizzazione delle risorse interiori e delle potenzialità del cliente, necessari per promuovere un adeguato atteggiamento, che può essere, a seconda dei casi, di trasformazione e di soluzione, oppure di accettazione di un limite, utilizzando comunque in entrambi i casi la situazione di disagio esistenziale come un'opportunità per favorire un processo di crescita e di maturazione.


La figura di Roberto Assagioli

La psicoanalisi di Freud e la psicologia del profondo di Jung, l'attenzione all'inconscio e ai processi dinamici che in esso si svolgono, la loro influenza sulle scelte e le motivazioni coscienti, influenzano profondamente anche Assagioli e sono la base della sua formazione e di quello che poi sarà la Psicosintesi. Molto presto tuttavia egli ne ravvisa anche alcuni limiti, per esempio il fatto di occuparsi prevalentemente della psicopatologia, trascurando la parte sana dell'uomo e le sue potenzialità. Assagioli paragona la psiche, e il vasto territorio che all'interno di essa occupa l'inconscio, ad un edificio: la cantina rappresenta i livelli più oscuri e primitivi dell'inconscio, il piano terreno è la coscienza di veglia, mentre i piani superiori e la terrazza da cui è possibile vedere il firmamento, corrispondono ai livelli superiori della coscienza e al Sé transpersonale, punto d'incontro tra individualità e universalità. Assagioli amplia quindi il suo campo di osservazione e di ricerca e si rivolge, per conoscere l'uomo, non solo alle cantine del suo inconscio inferiore, ma all'intero edificio dei mondi interni.
Va oltre la malattia e focalizza l'attenzione anche sulla salute, sulla creatività e sull'Essere e sul continuo divenire dell'uomo. Esplora i contenuti oscuri dell'inconscio inferiore, ma anche le forze luminose dell'inconscio superiore verso cui l'uomo è diretto nella sua evoluzione.

L'innovazione più significativa della sua psicosintesi è la posizione centrale del Sé, che può essere definito anche come la nostra essenza, l'Io profondo e autentico che dimora in ognuno di noi. Il tema dell'essenza spirituale viene così portato nel campo empirico della psicologia e della psicoterapia, non più come articolo di fede o dogma, ma come un'esperienza, o per dirla con le parole del filosofo Bergson, un "dato immediato della coscienza" e diventa quindi un campo legittimo di ricerca psicologica. Esistono quindi delle tecniche adatte per esplorare le zone dell'inconscio inferiore, altre per prendersi cura del primo piano rivolto alle relazioni sociali (inconscio medio) e altre ancora per esplorare le terrazze dell'inconscio superiore.
Per rappresentare la vita psichica, Assagioli ha elaborato uno schema, l'ovoide, che contiene e visualizza alcune delle componenti psichiche. È la rappresentazione grafica del paradigma psicosintetico, un vero e proprio mandala che sintetizza la complessità delle aree e dei territori psichici. È quasi un' idea anatomica della psiche: una mappa che ci aiuta a localizzare il punto in cui ci troviamo, a collocare il luogo dell'evento.
Ci appare subito la presenza di due centri di coscienza. Un primo centro è collocato nel centro dell'ovoide, in quello che chiameremo il campo di consapevolezza; il secondo è disegnato al vertice superiore dell'ovoide.
Roberto Assagioli li chiama rispettivamente sé personale o Io cosciente e Sé o Sé transpersonale.
L'Io - Sé sono strumenti per la realizzazione terrena del progetto esistenziale in loro inscritti. Sono un centro permanente di autocoscienza e autodeterminazione avvertibili come un baricentro psichico. Il Sé è mezzo dentro e mezzo fuori l'ovoide della personalità, riduzione e confluenza dell'universale nel personale.


Un posto di rilievo nell'opera di Roberto Assagioli spetta alla volontà. La volontà è per la psicosintesi l'esperienza personale e centrale della vita umana, che permette la presa di coscienza di se stessi non più come soggetti passivi, che reagiscono agli eventi sia interni che esterni, ma come Soggetti, che hanno la possibilità di agire su se stessi e sulla vita, potendo operare cambiamenti e trasformazioni. È un'esperienza che si radica nella libertà, un "volere" libero da coercizioni interne ed esterne, non più dominato da paure, dal desiderio di potenza o dal Super io. La volontà diventa strumento interiore che dirige e coordina le funzioni psicologiche e la vita.
Ogni comportamento si può tramutare in una libera scelta e le regole della vita si trasformano in libere decisioni, soggette solo alla propria maturità.
Roberto Assagioli affida ad ogni uomo le proprie opzioni, mette l'esistenza nelle sue mani e gli fa scegliere se vivere o lasciarsi vivere, se adeguarsi all'ambiente o crearsi la propria strada, se utilizzare le sue ricchezze interiori o se rinunciarvi ed entrare tra le persone che non vivono in pienezza la propria vita.
È un compito esistenziale elevato, tutt'altro che facile: importante è la conoscenza dei metodi e delle tecniche per conoscere, possedere, e trasformare i propri aspetti immaturi. Per sviluppare al meglio la personalità è essenziale un buon rapporto con il corpo, con la mente, con i sentimenti, con gli istinti, in altre parole con le funzioni psicologiche.

Il diagramma qui sotto riprodotto rappresenta la stella delle funzioni.
Ognuno dei sei raggi indica la struttura biologica ed i processi psichici di ogni singola funzione: sensoriale, emotiva, istintuale, immaginativa, mentale e intuitiva. Le sei funzioni fanno da corona alla funzione della volontà, posta nel diagramma al centro, in quanto funzione specifica e privilegiata della coscienza. Con la volontà, la coscienza coordina, programma e rende operanti le altre funzioni e vi induce sviluppi o metamorfosi.

Roberto Assagioli così ci illustra il ruolo della coscienza:

"(...) l'autocoscienza implica che noi si agisca da osservatori o testimoni di ciò che accade all'interno (delle funzioni psicologiche) o all'esterno. In questo senso l'IO non possiede una dinamica di per sé, ma è piuttosto un punto di osservazione, uno spettatore, un osservatore che guarda il flusso, il corso degli avvenimenti. (...) Contemporaneamente alla consapevolezza la volontà interviene attivamente per orchestrare le varie funzioni, forze ed energie della personalità, per creare l'impegno e per sollecitare l'azione nel mondo esterno."
La. volontà opera non compiendo direttamente le azioni, ma impiega la propria energia per attivare le varie funzioni, secondo il progetto dell'Io.
Il centro unificatore della nostra personalità, in grado di coordinare e armonizzare i molteplici e talvolta contraddittori elementi della nostra psiche è il nostro Io, il nostro centro di consapevolezza, collegato al Sé, l'essenza più profonda del nostro essere.
Compito della psicosintesi è quello di "portarci ad essere signori e non schiavi della nostra dimora interna", attraverso la conoscenza di noi stessi. Dominare, ricordiamolo, non significa controllare, reprimere o sopprimere, bensì promuoverne la regolare, guidata e costruttiva espressione di ogni elemento psichico. È una grossa illusione ed un grande errore credere di possedere una personalità ben definita, stabile, integrata fino a che non esiste un centro che assolve il compito di organizzare questa complessa struttura psichica. L'uomo all'inizio non ha un IO: è piuttosto un coacervo di personalità miniaturizzate ciascuna delle quali, di volta in volta, in circostanze diverse, in momenti diversi, in età diverse, dice "IO". Tuttavia, dice Roberto Assagioli, questa molteplicità è ricchezza. Aggiunge inoltre che il raggiungimento della coordinazione di tutte queste parti interne, non è un dono gratuito: è una conquista ed il perfezionarsi diviene un vero e proprio istinto vitale.
Assagioli ci esorta a rispettare in noi e nell'altro la "particolare nota "che siamo chiamati ad esprimere. L'uomo è infatti un fenomeno biologico, psicologico e transpersonale alla ricerca della propria identità, del proprio ruolo, del proprio significato, in una parola, della propria evoluzione.

 

Bibliografia

R. Assagioli, PSICOSINTESI - per l'armonia per la vita, Astrolabio, Roma 1995
R. Assagioli, Principi e metodi della psicosintesi terapeutica, Astrolabio, 1973
R. Assagioli, L'atto di volontà, Astrolabio, Roma 1977
R. Assagioli, Lo sviluppo transpersonale, Astrolabio, Roma 1988
R. Assagioli, Cos'è la Psicosintesi - Dizionario - Astrolabio, Roma 1991
P. Ferrucci, Introduzione alla Psicosintesi, Ed. Mediterranee, Roma 1994
P. Ferrucci, Crescere, Astrolabio, Roma 1979
P. Ferrucci, L'esperienza delle vette, Astrolabio, Roma 1989
P. Ferrucci, da Psicosintesi e Psicoterapia, Edizioni S.I.P.T, Firenze 2003
P.M. Bonacina, L'uomo stellare, Giampiero Pagnini Ed., Firenze 1998
A. Alberti, L'uomo che soffre, l'uomo che cura, Giampiero Pagnini Ed., Firenze 1997
A. Alberti, 17 sé ritrovato, Giampiero Pagnini Ed., Firenze 1994


Daniela CORRADINI
Counsellor professionista ad indirizzo psicosintetico. Riconosciuta dal CNCP (Coordinamento Nazionale Counsellor Professionisti). Socia aggregata della S.I.P.T. (Società Italiana Psicosintesi Terapeutica)


 

Conclusioni

Ci auguriamo che gli argomenti brevemente esposti in questa pubblicazione possano essere di stimolo e di speranza per coloro che sono alla ricerca di risposte per difficoltà relative all'apprendimento o al comportamento.
Volutamente non abbiamo dato spazio alle testimonianze di casi risolti, perché ognuno è responsabile del proprio cammino individuale. Con questa pubblicazione abbiamo inteso rispondere al "grido di aiuto" di molti genitori che ci hanno confidato di essersi sentiti soli e abbandonati nelle difficoltà di apprendimento dei loro figli. La nostra vuole essere una proposta d'equipe. Crediamo in questa modalità di accoglienza della difficoltà e di risposta ad essa. Gli esseri umani infatti, nella loro diversità, consentono chiavi di lettura e di risoluzione personalizzate. Speriamo quindi di offrire, con il nostro lavoro di equipe e di proposte diversificate di approcci terapeutici, più possibilità di aiuto per il superamento dei problemi. Siamo comunque consapevoli che la storia e le scienze avanzano spesso proprio per tentativi e che hanno il compito di dare risposte sempre più esaurienti, ma mai definitive.

Margherita Zerbi, Lorenzo Lorusso, Kurt e Elke Dollinger,
Gina Bottega, Emanuela Cima, Daniela Corradini

 

Società Cooperativa Sociale Onlus
G. M. "Benedetta Bianchi Porro"
Via Alto Adige 28/1
Casella postale 206 - 39100 Bolzano
Tel. - Fax: 0471 971012

Stampato nel mese di settembre 2007
Impaginazione e progetto grafico: InSide società cooperativa sociale, Bolzano
Stampa: tipografia Alcione, Trento

© 2020 - Tutti i diritti sono riservati.